BOCCIATI:
- Clara. Aveva ben figurato al suo primo Sanremo nel 2024, poi, probabilmente la fretta di confermarsi, l’ha portata a sbagliare la scelta del pezzo. “Febbre” è risultata essere da subito troppo sulla stessa riga di ‘Diamanti grezzi’ ma senza quell’effetto novità che il debutto all’Ariston aveva avuto. Il pubblico ha accolto la proposta con una dose di freddezza che ridimensiona l’ex protagonista di Mare Fuori.
- Francesca Michielin. Spiace che la giovane veneta non sia riuscita ad emergere tra la folta mischia di un Sanremo 2025 in cui si era presentata con la canzone giusta. La sua “Fango in paradiso” la riporta finalmente nell’alveo del pop melodico dopo incursioni troppo mal-riuscite nel mondo indie e underground in questi ultimi anni. Seppur il contesto risultante premiante per il genere, la sua proposta non è riuscita ad emergere come, invece, meritava. Si è parlato più della sua caduta che della sua canzone. Peccato.
- Francesco Gabbani. A Sanremo Gabbani funziona sempre anche quando presenta un pezzo come “Viva la vita” che, oggettivamente, risulta essere la proposta più scarsa tra quelle portate finora all’Ariston. La canzone è carina ma valevole sicuramente meno dell’ottavo posto finale in cui si è posizionato in classifica e, infatti, i riscontri successivi ne hanno ridimensionato l’effetto.
- Irama. Troppo presenzialista il suo nome negli ultimi anni al Teatro Ariston e, soprattutto, troppo costante la sua proposta musicale. “Lentamente“, seppur con la firma di un Blanco riconoscibile, non si discostava abbastanza dalla precedente “Tu no” che riprendeva “Ovunque sarai” a sua volta. Si prenda una pausa e torni a proporsi con qualcosa di davvero originale o, perlomeno, ispirato. Persino il suo pubblico più affezionato è rimasto freddo di fronte a questa partecipazione.
- Massimo Ranieri. Il grande interprete partenopeo ha scelto, questa volta, le firme d’eccezione di Tiziano Ferro e Nek per accompagnarsi al Festival. “Tra le mani un cuore”, però, non ha avuto lo stesso impatto di una canzone importante e al suo livello come era stata, solo 3 anni prima, ‘Lettera al di là del mare’ di Fabio Ilacqua. Nelle vendite e nelle radio sta all’ultimo posto: passaggio evitabile.
- Rocco Hunt. Mancava dall’Ariston da ben 10 anni e, in questo tempo, aveva costruito su di sè un’immagine (almeno mainstream) ben diversa da quello del cantastorie concentrato sulla propria territorialità d’origine. A Sanremo 2025, invece, ha proposto una “Mille vote ancora” che non si distanzia troppo dai temi di “Nu juorno buono” o “Wake up”. Peccato, dopo tanto tempo ci si aspettava un contenuto diverso.
- Simone Cristicchi. Alla vigilia era tra i papabili per una vittoria finale. Dopo la prima esibizione risultava già essere il vincitore proclamato. Esibizione dopo esibizione, invece, la sua forza è andata sgonfiandosi complice anche qualche dichiarazione eccessivamente fuori posto ed un tantino egocentrica. “Quando sarai piccola” è una canzone stupenda ma capace di rimanere soltanto all’interno dei cinque giorni festivalieri.
- Tony Effe. Si tratta del grande deluso di Sanremo 2025. Probabilmente il più grande tonfo è stato proprio il suo. Arrivato con il favore delle piattaforme “giovani” dello streaming digitale, ha lasciato l’Ariston passando in sordina o venendo notato soltanto per l’errore clamoroso di portare in gara un brano così distante da lui come “Damme na mano“. Stonature ed imprecisioni a parte, a condizionare il Festival di Tony Effe è stata soprattutto la scelta di non rispettare il proprio genere di riferimento e pensare che chi lo aveva supportato per la trap lo facesse anche con una giravolta così evidente di stile.
- Willie Peyote. Un Festival poco appariscente il suo. La sua “Grazie ma no grazie” si è canticchiata il giusto e si è ascoltata il giusto. Si sa, però, che per un artista in gara al Festival di Sanremo puntare a “il giusto” è decisamente troppo poco. Si rischia di venir risucchiati da un calderone fin troppo ricco di proposte come è accaduto anche al bravo Willie Peyote.
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