Giuse The Lizia: l’amore a vent’anni comincia e finisce con “Internet” – RECENSIONE

Giuse the Lizia

Tra mondo concreto e virtuale: l’amore, la solitudine e la nostalgia post-adolescenziale

Giuse The Lizia, il cantautore palermitano della Generazione Z, fa navigare, letteralmente, nel sentimento amoroso post adolescenziale con il suo secondo album “Internet”. Un’opera capace di esplorare le difficoltà insieme alla bellezza dei vent’anni, quando la vita si districa tra il bisogno di sentirsi compresi in un presente spinoso e l’illusione del “per sempre” che va a braccetto con la paura del domani. Eppure, tra queste fratture si fa spazio la fiducia e la speranza che qualcosa di buono possa accadere, sempre e comunque. In questi vuoti, sboccia il senso del futuro, ancora labile nella sua offerta, ma di cui l’artista avverte il potere in prospettiva.

Il disco si caratterizza per un connubio basico fra il genere post-itpop e qualche vaghezza urban, come nel featuring con Mecna, “Tonight gospel”, dove il pensiero d’amore è il senso totale fino alla fine del viaggio (“Facciamo un bel respiro E stammi più vicino E quando me ne andrò Poi tornerò da te E quando morirò Morirò qui con te”). La voce del cantautore al centro: utilizzata spesso come strumento senza alcun suono, altre volte accompagnata da tastiere, cori e da una distorsione timbrica, simile a uno strobo.

La semantica dei testi è la perfetta sintesi dei ventenni di oggi, alle prese con le prime esperienze di amori idealizzati o già finiti. Il tutto con relazioni sociali fragili e una solitudine cosciente che soltanto l’essere in coppia può arginare (“La prima tipa, la prima canna, la prima La prima gita senza la mamma, seh (…) Le prime session col produttore Le prime ansie da prestazione, le prime Le prime rime col cuore rotto Ed i miei amici persi nel mondo Ed ho imparato a vivere a distanza”).

A vent’anni, si è ancora in cerca della propria “Direzione” (“Sto ancora cercando la mia direzione, eh Però spesso mi perdo Tra le strade del centro E quando torno a casa tutto è come sempre, eh”), ogni giorno è diverso (“Ed è bello per questo Che ogni giorno è diverso”) e il mondo della rete può diventare una fortunata alternativa (“E per fortuna che c’è internet Non so ancora parlare d’amore, d’amore”) alla complessità del reale (“I miei amici confusi E i graffiti sui muri”).

Internet, però, è pure quello “spazio” cantato in “Scs”; un posto che amplifica la realtà delle cose e delle persone, spesso deludente in alcune aspettative (“Sei molto più stronza dal vivo Che dalla tua foto profilo (…) Ci conosciamo appena e ti ho confusa Ma non è mica per vederti nuda che esco con te (…) E sei molto più bella dal vivo Che dalla tua foto profilo (…) Però vorrei potessi parlare di noi E invece non vuoi e invece non vuoi e invece non vuoi”). Le idealizzazioni sono il pane quotidiano per i giovani cuori, afflitti da un certo parossismo emotivo.

Spiegato così, l’estremo sentire di “Baby”, simile a quello dantesco per Beatrice (“Spiegami perché non c’è nessuno Su questo pianeta Terra Che riesca a somigliarti o Che quantomeno mi interessa Provo un po’ di tutto Ma soltanto per poterlo raccontare”), diventa l’opposta e contraria concezione di quello presente in “Give me love”. Qui, l’amata si fa “stronza” (“Tra psicofarmaci, antibiotici e veleni vari Balliamo fino alla mattina come i militari Ed ho vent’anni, non vorrei sprecarli Appresso ad una stronza che mi scopa Solo quando ha voglia, credimi”) e Internet è soltanto un contenitore di fantasmi (“Uoh-oh, siamo dei fantasmi, dei profili falsi Internet mi ha detto che le piaccio Uoh-oh, perdo la memoria, internet mi annoia Lasciami annegare dentro un mare di niente”).

Sarà colpa delle droghe o la paura della solitudine? Forse entrambe le cose, ma esiste anche una colpa sociale che antepone l’apparire all’essere come si vuole, perfino con chi si ama. La forza di “Radical” risiede proprio nella di denuncia di questo mood degli anni universitari (“E tu fai tutta la radical, ami l’arte contemporanea Ma che bella frangetta, ma che bella borsa di tela Bevi solo se hai voglia, poi vomiti da sola”), quando il gioco d’amore è un prendersi e lasciarsi con un’unica consapevolezza: chi ama ha bisogno di vicinanza (“Ho paura di rimanere solo Quindi resta qui solo un altro poco”).

“L’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale” cantava Lucio Dalla nel suo “Disperato, Erotico, Stomp”, ora campionato in “Flash”, grazie alla produzione di okgiorgio. La normalità è un desiderio denso di “vorrei” (“Vorrei starti addosso tutto il giorno come fossi la mia moto E corriamo, corriamo io e te E siamo così belli e così sbronzi, ci facciamo un’altra foto Flash, flash, io e te”) che si ripropongono anche in “Solo un’idea”, dove è evidente il richiamo sonoro a Gazzelle (“Io vorrei pеr noi due Una casa coi mobili Ikea Ritrovarci dentro a una marеa Ma è solo un’idea, è solo un’idea Io vorrei per noi due Una notte che dura di più Una sveglia che non suona più C’è qualcosa nell’aria, l’odore di casa con te”).

Dopo tutto, cosa rimane alla fine di una storia d’amore e a tanta distanza da casa, per chi studia fuori sede? Certamente, la nostalgia del passato che ci ha visto crescere e una serie di interrogativi ai quali, probabilmente, non troveremo mai risposta. Sentimenti e stati d’animo che Giuse conosce bene.

Così, “Persi da un po’” (“Se fossimo qui davanti allo specchio dhe cosa vedremmo? Due poveri illusi, due visi confusi persi da un po’” (…) Ma restiamo da soli, persi per strada e lontano da mamma che ogni tanto s’incazza Spesso mi manca”),“x te che mi conosci così bene” (“Non abbiamo colto l’attimo e ricordo ancora tutto quanto”) e “Piccoli Piccoli” con Centomilacarie, suonano il senso di precarietà di chi lascia i luoghi e gli affetti di nascita per diventare adulto (“Crescere in fretta dopo il diploma Prendere un treno e restare sola Un po’ ti manca la tua città Un po’ ti manco, è la verità”), mentre forte e consolatorio resta il richiamo al periodo dell’infanzia che ritorna attraverso la ripetizione di parole e l’allitterazione.

Con “Internet” sembra di ascoltare un decalogo sentimentale, ma soprattutto di provare le emozioni contrastanti che si attivano per amore e per solitudine. Una cosa è certa: a vent’anni, l’amore è un’idea che si fa a due e la qualità che lo contraddistingue maggiormente è la pienezza. Prepotente ed egoista, l’amore dei vent’anni fa parte delle cose che si conoscono per la prima volta, tanto di più al giorno d’oggi che un sentimento può nascere attraverso i social e ritrovarsi a dover fare i conti con la realtà.

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica, il silenzio; dal "vuoto sonoro", il nuovo concerto.
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