Beatrice Quinta è “Devota”: non solo per amore, ma soprattutto per sesso – RECENSIONE

Beatrice Quinta

Il primo EP della cantautrice palermitana dopo XFactor 22

Beatrice Quinta è “Devota” nel suo primo album, uscito lo scorso 17 maggio. Le intenzioni sono chiare: l’occasione si fa solenne per interrogare se stessa sul senso della devozione in amore; una condizione che non ha alcun legame con la dimensione religiosa, come potremmo pensare dall’etimologia del termine. “Devota” nasce, invece, dalle intenzioni di un processo totalmente laico e incentrato sul rapporto dell’artista con il sesso e con il piacere.

La cornice è quella di un cambiamento personale che trasforma il sentimento in desiderio totale senza interesse del giudizio esterno, tanto più se si tratta di un sogno erotico (“Stringi ancora le mie curve morbide Quasi quasi quasi quasi vedo il culmine Niente scudi, pessime scuse Anch’io voglio assaggiare le tue dune Uno alla volta o tutti insieme A poco a poco ognuno ha quello che chiede”). Nello spazio onirico, la condizione possibile per l’amore non è necessariamente a due e si fa cieco soltanto al buio … di una dark room (“L’amore è cieco solo dentro al buio Tu sei il mio sole caldo nel diluvio Scivoliamo sempre più giù, giù Sempre di più, ti amo solo in dark room”).

Un messaggio spinto ed emancipato che, in realtà, è l’approdo di un viaggio interiore dove la meraviglia per la scoperta va di pari passo con un’autocritica impertinente (“Ora, ora sono pericolosa Sono devota solo alla musica e alla moda”). Beatrice stessa dichiara che il suo legame di partenza con la sessualità e il piacere non è stato esaltante, ma si è trattato di sbrogliare una matassa fitta di incrostazioni sociali e di rompere tabù tuttora imperanti.

Per farlo, sceglie di raccontarsi andando dritta al sodo anche nella canzone “Un altro tabù” (“Ci mescoliamo come droga nei cocktails Non mi ricordo cosa ho fatto stanotte Nella mia bocca cerchi le tue risposte Fammi salire ancora sulle tue giostre Scambiamo la notte con il giorno In un club di scambisti a Berlino Le mani le tue le sue (ah ah) Pensiero cattivo Sai già che cosa mi puoi fare Vai lì e cambiami l’umore Cade un altro Taboo Sei tu sei tu Vienimi sul cuore”). 

La Beatrice di XFactor sembra aver lasciato spazio alla cantautrice autentica, dalla penna sincera, che decide di mettere a nudo fragilità e contraddizioni, intanto per liberarsene e, magari, diventare un tramite per fare i conti con quelle parti di noi che giacciono irrisolte o che abbiamo seppellito pensando di non dover prendere cura.

Da questo punto di vista, la canzone “Pelle” è un diario dei segreti di cuore, sincero e aperto alle contraddizioni di un amore che, mentre è ancora annodato alla vita dell’altra persona, sa di dover mettere fine alla relazione che lo indebolisce e lo rende fragile (“Sono così brava a fare finta Che vada tutto bene Come i genitori che si odiano E poi restano insieme Dici che sono diversa Molto peggio di prima Copro il viso quando vengo Perché non reggo neanche un momento onesto Fai di me tutto quello vuoi Io non sento più niente Resto immobile E fuori da me Come un fantasma tra la gente Fa male alla mia bocca capire Che ormai non ho più niente da dire”).

Non meno complesse sono le dinamiche della sessualità: si può tentare fare sesso per esercitare uno status, per confermare un potere e rafforzare l’autostima, o per sedare il dolore della fine di una storia, come in “10 in un bagno” (“Sorridiamo per avere solo qualcosa in cambio 10 in un bagno Occhi di marmo Non mi riconosco se è tutto nuovo Tutti perdono io non perdono Sono sotto casa sono sotto tono Sono sotto sindrome dell’abbandono Sono, quindi ti voglio Più dentro per riempire il vuoto Stanotte è un gioco: piango godo Non sono all’altezza neanche di buttarmi nei letti degli altri pur di non pensarti Un giorno forse riusciremo a perdonarci Fino a stringere le mani a chi ci ha dato calci”) , ma tutto questo non ha nulla a che vedere con il vero piacere che, invece, attiene a un generale benessere emotivo; a una liberazione di energie ancestrali e, diversamente da quanto avviene molte volte nella realtà, dovrebbe essere una condizione reciproca degli amanti (“Fa male alla mia pelle sentire Che mi accarezzi con le tue spine Sciolgo da sola Il nodo alla gola Questo corpo odia fare finta Per farti stare bene”).

Proprio in questo consiste la separazione tra il bisogno personale e l’aspettativa dell’altra persona, spesso concentrata più sul proprio piacere senza curarsi della reciprocità.

La ricerca di un equilibrio nel dissidio relazionale rimane la costante anche nella canzone “Fatima” (“Volevo restare Ma sento che tu te ne vai Non so nemmeno più chi sei e come stai Ho un sogno chiuso dentro l’iride Ridere, di noi distesi sopra isole Tu non svegliarmi mai Non è facile Crescere su quelle strade Amare Tu dolcemente sciogli i tuoi segreti come Fatima E il ballo della libertà Comincia ora”) e in “Pure le streghe”, dove si canta il ritorno ad “antiche” paure medievali (“Guanti in pelle coprono le tracce di meIo Vedova nera in tacchi e sangue Quanti scemi finiranno peggio di te Pure le streghe saranno sante Amen Pure le streghe saranno sante Pure le streghe saranno sante”) come in cerchio che non trova del tutto una chiusa attraverso tutto questo EP dai netti accenti urban-pop contemporanei. Di fatto, un gioiellino di introspezione musicale da ascoltare e riascoltare.

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica, il silenzio; dal "vuoto sonoro", un nuovo concerto.
Exit mobile version