Erisu: «Nei nostri concerti il pubblico è testimone attivo e parte dello spettacolo» – INTERVISTA

Erisu

La storia del rock horror nella consacrazione del femminino sacro delle Erisu

Heavy Goddesses è il titolo dell’album d’esordio delle Erisu, un gruppo di quattro artiste tutto al femminile che affronta con disinvoltura e schiettezza tematiche forti e ricorrenti che legano i brani come come fosse la trama di un film, o meglio, di uno spettacolo teatrale. Le Erisu hanno l’intenzione di portare in scena con il loro lavoro discografico una vera e propria performance che sa di rito sacrificale. Incontro le artiste alla presentazione alla stampa, un’intensa chiacchierata che mi porta nel loro mondo, le ragazze sono molto coese e ciò appare anche dalla nostra discussione, c’è un’armonia generale generata dal loro entusiasmo nel descrivere il loro lavoro.

Non si tratta solo di musica, il disco è un percorso composto da dieci tappe, il gruppo ci prende per mano e ci porta in un universo a volte denso e cupo, a volte esplosivo e divertente, un percorso iniziatico scandito da dieci tasselli fino ad arrivare alla chiusura dell’album nella rivelazione finale di ‘Lady Of Babylon’, arricchita da un featuring notevole con Steve Sylvester dei Death SS.

Ciao ragazze, intanto grazie per l’invito. Da cosa nasce l’idea di produrre questo album?

«Come si può capire dal titolo, abbiamo voluto rendere omaggio alla storica band di Steve Sylvester chiamando il nostro primo album ‘Heavy Goddesses’. Ci siamo ispirate a uno dei dischi che ha consacrato i Death SS nel panorama del metal mondiale, ossia “Heavy Demons” del 1991, c’è anche un riferimento grafico, abbiamo ripreso il carattere gotico del titolo di copertina.»

Com’è nata la collaborazione con lo stesso Steve Sylvester?

«Per noi è ancora un sogno, guarda (prendono il disco posto sulla scrivania tra me e loro, nda) leggere il nome di Steve come coproduttore del nostro primo album è un sogno pazzesco. Noi abbiamo cominciato a seguire i Death SS come fan, abbiamo fatto ascoltare i nostri brani e, per noi è stata una sorpresa, Steve si è reso subito disponibile a lavorare con coi. Questo album ha anche avuto la collaborazione come autore e musicista di Andy Panigada dei Bulldozer. loro hanno contribuito come autori e musicisti, altri membri dei Death SS sono stati coinvolti nelle sessioni di registrazione.»

Come nasce la vostra unione? Si vede che siete molto amalgamate.

«La nostra unione nasce fondamentalmente per la passione per questo genere di musica. La nostra musica e le performance sono caratterizzate da un simbolismo profondo con un forte richiamo ai temi della sacralità femminile e del matriarcato. I nostri concerti combinano musica rock con danze rituali ed elementi teatrali, offriamo al pubblico una fusione unica tra le antiche influenze sumere e mediorientali e il rock contemporaneo, unendo passato e presente. Devo ammettere che assistere a un nostro concerto è un’esperienza che va fatta, sì, è vero c’è gente che rimane spiazzata e se ne va, ma c’è anche molta gente che apprezza. Ti diciamo subito che ti consigliamo, per quando verrai, di indossare un capo a cui non tieni particolarmente, perché succedono cose che, per non rovinarti la sorpresa, non ti possiamo anticipare!»

Cosa vi appassiona di questo genere? Possiamo definirlo Rock horror?

«Allora, il rock è un genere più schietto, noi facciamo un genere che ci piace definire sumero rock è più didascalico, è un genere che si colloca fra il cinematografico e il teatrale, pensa che i nostri live sono detti rituali. La scaletta ha un ordine ben preciso, invitiamo alla rottura della quarta parete, è un rito, un sacrificio spirituale, con la nostra performance riconfermiamo la nostra mente e corpo all’interno di questo progetto e il pubblico in questo è il testimone attivo parte dello spettacolo.»

Quant’è importante l’immagine nel vostro modo di fare arte?

«Come chiedere a una religione quando è importante l’iconografia. La componente visiva è fondamentale, l’horror metal richiede la presenza di immagini forti, colori contrastanti, segni che riprendono, come vedi nelle nostre t-shirt, i simboli dell’arte sumera, degli Egizi.»

Parliamo coi brani che aprono e chiudono questo lavoro discografico: Eris e Lady of Babylon, cosa mi dite di queste due tracce?

«Eris è un grido di battaglia apripista, presenta la nostra essenza con tutte le nostre sfaccettature. Così come la dea Eris si prende gioco degli uomini, noi ci prendiamo gioco dell’ascoltatore complice, descriviamo la dea omonima con le caratteristiche negative legate al suo mito, in realtà, come dimostrato nel corso del lavoro la comprendiamo e la seguiamo. Questo brano nasce come seconda collaborazione tra noi e Steve Sylvester. È scritto dallo stesso Steve Sylvester e da Andy Panigada, memoria storica del metal italiano e mondiale.

Il brano rappresenta un’ulteriore raffinazione del nostro suono che continua ad evolversi sempre, avvalendosi dell’esperienza e della perizia dei membri dei DeathSS che interpretano la base musicale del brano. Abbiamo sviluppato in aggiunta i temi delle armonizzazioni vocali, talvolta anche estreme, qui abbiamo voluto sperimentare il canto lirico su sonorità prettamente rock e metal, magistralmente realizzate da musicisti considerati veri mostri sacri del genere».

«Chiude il lavoro discografico Lady Babylon, per noi è un omaggio alla regina di Babilonia, con le nostre voci abbiamo generato un muro sonoro, poi c’è la presenza fondamentale di Steve con cui, in questo brano, abbiamo avuto l’onore di duettare. Si tratta di una cover dei Death SS e featuring con il leader del gruppo medesimo, Steve Sylvester. È una traccia ipnotica ed orecchiabile, in cui la graffiante voce di Sylvester contrasta con le nostri voci.

Il brano possiede sfumature arabeggianti da parte dei synth che si sposano perfettamente con il mood generico del vocal ensemble: questo brano si sposa perfettamente col nostro modo di fare musica, nonostante sia una cover. La parte strumentale è curata da Freddy Delirio, tastierista storico di Death SS ed incredibile producer musicale, rinnova quello che era il brano originale e lo rieleva in una nuova ed eccitante versione. Per noi un epilogo perfetto e senza tempo».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.
Exit mobile version