‘My Sweet Obsession‘ è il primo singolo estratto dal nuovo album ‘Memories‘ di Frankie Lovecchio
Se la musica fosse un appartamento all’interno di un palazzo, la musica di Frankie Lovecchio sarebbe l’appartamento al piano attico, quello da cui hai la vista migliore, non hai nessuno attorno e magari hai pure la vista mare. E questo è anche il luogo che posso immaginare per potere ascoltare la sua musica. Una musica fatta di strumenti, voci, modulazioni e sfumature che rendono l’atmosfera magica. Oggi Frankie Lovecchio pubblica l’album ‘Memories‘, un progetto musicale ambizioso e ben riuscito composto da quattordici brani originali che fondono soul, dance e jazz.
La collaborazione tra Frankie Lovecchio e Papik ha dato vita a un progetto unico ed emozionale, esprime in tutta la sua elaborazione la sensibilità e la creatività dell’artista. Frankie Lovecchio è uno dei più apprezzati cantanti del panorama musicale italiano. La sua carriera è caratterizzata da numerose collaborazioni con artisti di alto livello, tra cui Claudio Baglioni, Renato Zero, Gigi D’Alessio, Gianni Morandi, Mike Francis, Amii Stewart, Giorgia, Mario Biondi, Franco Califano e Marina Rei. Lo abbiamo visto in tv come vocalist di programmi come I Miglioni Anni, Sanremo, nell’edizione di Domenica In condotta da Paolo Bonolis e tante altra produzioni. Il suo recente lavoro discografico ‘Memories‘ è un tributo musicale che celebra la memoria di due persone care, amici e colleghi, e rappresenta un’espressione autentica dell’arte di Frankie Lovecchio.
Ciao Frankie, come stai? Qual è la tua, per tradurre il titolo del tuo nuovo singolo, “dolce ossessione”?
«La mia dolce ossessione è continuare a credere in quello che faccio, nella diversità dei generi musicali, nella ricchezza dei suoni, oggi lo showbiz tende a omologare tutto, io con la mia musica cerco di promuovere qualcosa di diverso che mi piace».
Com’è nata ‘My Sweet Obsession‘?
«Fa parte di un lungo lavoro in studio fatto insieme a Papik, è un brano a, diciamo così, tiratura jazz ma contiene atmosfere soul. Tutto l’album è una raccolta di brani, alcuni inediti, altri meno. Abbiamo pensato ad atmosfere intime e sensuali, questo primo brano è caratterizzato da una melodia avvolgente e un ritmo rilassato. Il testo esplora un amore profondo e una complicità definibile come una “dolce ossessione”. Il brano invita all’ascolto rilassato e si presenta come una canzone d’amore che spero possa toccare il cuore di chi l’ascolta».
Un album che è una fusione tra soul, dance e jazz… com’è stato inciderlo?
«Ci siamo divertiti a fare diverse ricerche musicali, io ho un’intensa attività con la mia band sia in Italia che all’estero, lavoro come vocalist, ti faccio una distinzione tra vocalist e corista, i vocalist sono anche arrangiatori di cori, pensa che quando veniamo chiamati in fase di registrazione di un brano, diamo il nostro contributo nell’arrangiamento dei cori. L’album è stato arrangiato da Papik e Peter De Girolamo e prodotto da Papik. Il disco è il risultato di anni di dedizione e passione e rappresenta un omaggio sincero e musicale ai ricordi di due amici scomparsi: Fabio Sinigaglia e Claudia Arvati».
Tredici brani in inglese e uno in italiano, ‘Quel tuo modo di fare’ in italiano’, come mai questa scelta?
«È una raccolta di suoni legata ai miei ricordi di lavori con un mio amico fraterno Fabio Sinigallia che oggi non c’è più. E sono proprio i brani scritti da Fabio quelli a cui sono più legato».
Hai collaborato coi più grandi artisti della scena musicale, dai concerti di Baglioni e Renato Zero al Festival di Sanremo. Cosa hai percepito nella musica degli ultimi anni, perché ho l’impressione che non faccia più presa come avveniva fino agli anni novanta?
«Perché oggi c’è un abuso di produzione musicale, una miriade di brani che vengono buttati nel contenitore rete, oggi c’è poco da inventare, in tutti i generi ci sono stati delle eccellenze e si sono create delle personalità, oggi ci sono suoni molto simili, è come se non ci fosse più niente da dire, a volte temo si vada verso un tipo di produzione di musica fredda, quello che manca è la vena fantasiosa, manca quell’idea di imperfezione, in generale manca quella collaborazione tra artisti che arricchiscono la produzione musicale.
Una volta, pensa, ci si trovava nelle cantine, nei garage, c’era voglia di creare. Oggi è vero che si sta tornando ai live, ma è anche diventata una necessità perché non si vendono più dischi, un artista per avere un ritorno economico dall’attuale sistema deve fare milioni di download. La gavetta l’abbiamo fatta nei club, adesso gli artisti italiani sono troppo assoggettati ai diktat delle case discografiche, gli stessi artisti non si frequento. Ora, io non mi aspetto di essere don Chisciotte, ma con Nerio Papik ci siamo divertiti e cerco di lavorare in questo modo, assieme agli artisti e lo faccio perché mi rimane. Ti dirò che ci sono anche tanti giovani che seguono questo mondo».
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