AvA: «L’arte non è di chi la fa ma di chi la ascolta» – INTERVISTA

AvA

Ava pubblica ‘Formentera‘, poi un singolo al mese, ad aprile 2026 il nuovo album

Formentera‘ è il nuovo singolo di AvA, un brano che parla di un viaggio su un’isola paradisiaca come metafora di evasione e rinascita dopo una storia d’amore finita. In questo brano si intrecciano ritmi latin pop con atmosfere eleganti e raffinate, creando un contrasto emotivo tra il dolore del ricordo e la voglia di libertà e leggerezza. La canzone è un viaggio sonoro che accompagna l’ascoltatore attraverso le sfumature dell’anima tra la malinconia del passato e la speranza di un futuro più luminoso. AvA è un’artista che di sé ama dire di essere una predatrice, di essere una donna che ha calpestato i peggiori stereotipi femminili in scarpe da tennis e che si è conquistata una posizione sociale alternando la sua vita diurna lavorativa per trasformarsi di notte in un mostro fatto di beat, moombahton e urban pop che hanno infuocato le dance hall. Sento AvA per farmi raccontare com’è nata questa canzone e per capire quali sono i suoi progetti futuri.

Ciao AvA, come stai? Da cosa nasce questo brano?

«Ciao Antonino, tutto bene, ‘Formentera’ è nato da un brutto momento, da una storia finita male, ho pensato all’escamotage del viaggio, sai come si dice: lontano dagli occhi, lontano dal cuore è sono andata davvero a Formentera, luogo magico d’evasione, almeno nelle mie intenzioni! Ho beccato quattro giorni di pioggia, quindi sono rientrata in una condizione peggiore rispetto a quando ero partita. L’unica cosa positiva, se vogliamo è che tornando a casa ho elaborato la canzone!».

Qual è stata la scintilla che ha fatto nascere questo brano?

«Hai presente la scena di ‘Shakespeare in love’ quando Colin Firth chiede alla Regina Elisabetta ‘Mia signora, come deve finire?’ E lei gli risponde: ‘Come ogni storia triste: con molte lacrime e un viaggio’. E Formentera parla proprio di questo: una storia d’amore finita male, un viaggio per dimenticare, un flirt su un’isola bellissima ma poi si dimentica davvero o i nostri fantasmi ci seguono anche in capo al mondo? E cos’è una canzone se non un regalo di immortalità a qualcosa, o qualcuno, che invece si vorrebbe solo dimenticare? Questo è il profondo contrasto che si muove tra le note di un brano apparentemente leggero e sognante che fa a pugni con un testo rabbioso e ambiguo».

In che modo nascono le tue canzoni?

«Ti dirò, in linea di massima parto dalla musica, parto dalla chitarra, dal pianoforte o al pc, butto la musica e poi nasce il testo. Poi tutti i miei brani nascono dal racconto di una storia, non necessariamente la mia, credo che sia un po’ come per un attore che prende in prestito quello che ti raccontano gli altri, in questo disco c’è tanto di mio».

Quindi chi ti ascolta si riconosce nelle tue storie?

«È l’ambizione di ogni artista, come diceva il grande Massimo Troisi: “l’arte non è di chi la fa ma in chi la ascolta”».

Com’è cominciata la tua passione per la musica?

«Guarda, mi è molto chiaro quel momento, avrò avuto cinque anni, ero davanti la tv ed è passato da Mtv, forse era ancora Video Music, un video dei Queen, mi innamorai subito della chitarra di Brian May, è stato amore a prima vista. Da subito chiesi di andare a lezione di chitarra, poi di canto, la musica non mi ha mai lasciata. Oggi mi occupo di musica ma sono anche dirigente in ambito sanitario, due mondi apparentemente distanti in cui credo l’unico punto in comune sia quello di mettere in pratica una profonda capacità empatica. Ci sono lavori che non si possono fare solo per il semplice guadagno che sia lavorare nella musica, in ambito sanitario o essere un insegnante. Mi rendo conto che fare musica è una cosa complessa, a volta mi chiedo “ma chi me lo fa fare?”».

Che progetti hai per i prossimi mesi?

«Per il momento abbiamo pubblicato ‘Formentera’, ho un album già pronto che uscirà ad aprile, da qui ad allora abbiamo in programma di pubblicare un brano al mese».

Nella tua biografia c’è scritto che sei una predatrice. Qual è il modo in cui hai intenzione di prenderti il tuo spazio nel mondo della musica? Qual è, se posso, la tua vita diurna?

«È un po una cosa che mi hanno affibbiato, chi mi conosce mi ha appioppato questo nomignolo perché dicono che ho questo modo di fare, quando mi metto una cosa in testa la realizzo, soprattutto nel mio lavoro da dirigente sanitario. Nell’ambito musicale è un po’ diverso, puoi essere bravo quanto ti pare, ma se non hai il giusto contatto, la giusta opportunità, non vai da nessuna parte ed è per questo che a volte mi chiedo chi me lo faccia fare!».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.
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