Giusy Ferreri è la nuova front woman dei Bloom
“Non voglio più seguire le regole del marketing”, afferma Giusy Ferreri, la cantante più cult dei tormentoni estivi fino a qualche anno fa e che, adesso, torna al rock delle origini, diventando la voce principale dei Bloom. La band ha presentato il singolo “È la verità“ al Concertone romano del 1° maggio.
Un pezzo che sembra, incredibilmente, cucito addosso a Giusy, come una seconda pelle che vi fa scrivere: “Che dire! voce magnifica e band super”.
A moltə di voi, non è sfuggita l’impronta di Max Zanotti “dietro al progetto 💪💪💪”, tanto riuscito da farvi scrivere “Forza, fuori date concerti!!!”
Dunque, la prima accoglienza su You tube è molto positiva, ma altrettanto chiacchierata. Una cantante come Giusy “può permettersi di fare tutto” e “finalmente può esprimere al massimo le sue capacità”
tuttavia, qualche interrogativo lo desta. Intanto, non è chiaro per tutt* chi sia il “Grande Max di cui … si sente il tuo zampino”;
Per chi si domanda il perché del cambiamento artistico della Ferreri, comparato, per certi versi, al percorso dei Maneskin (“Mi chiedo perché … i Maneskin già esistono, io preferisco Giusy solista dove si risalta più la sua voce e non la batteria e tutto il resto. Magari gli altri pezzi saranno diversi “speriamo”), non tarda ad arrivare la risposta rassicurante per spiegare che “parallelamente Giusy porterà avanti la sua carriera da solista” , anche se “in questa veste esplode comunque ❤️”.
Una veste sonora che non risparmia a Giusy ulteriori paragoni che vedono nel singolo “una scopiazzata” degli Evanescence
o addirittura dei Lacuna coil (“L’intro è uguale ad una canzone dei Lacuna coil, idem Giusy negli acuti, i riff delle chitarre idem..”)
C’è chi apprezza, comunque, le similitudini e accosta felicemente la voce della siciliana a quella di Skin degli Skunk Anansie
Pare mettere tuttə d’accordo la scelta della chitarra, affidata a Roberta Raschellà
e il coraggio di sperimentare un genere musicale così poco mainstream per questa fase del mercato musicale italico.
Una scelta che ricorda quella fatta in passato da Lucio Battisti con i “dischi bianchi”, nati dall’incontro con il poeta Pasquale Panella e caratterizzati da copertine spoglie e minimali, con cui si inaugurava uno stile innovativo per il cantante, fuori dal repertorio che lo aveva reso famoso a livello nazional-popolare.
A questo punto, non resta che attendere il resto dell’album che potrebbe essere interamente prodotto e scritto dalla Ferreri, come si augura qualcun*;
e se già in questo caso, “qui abbiamo tanta ma tanta roba!”, non si riesce ad immaginare il resto
Superando, i dubbi e le critiche del caso (“Forse non ho capito, ma mi spaventi. Ti preferivo prima 😒”)
(“Veramente strana la mitica Giusy. Comunque secondo me stuccano i vocalizzi, meno, non serve eccedere coi contenuti”)
si può avanzare un’ulteriore considerazione sul fatto che Giusy Ferreri è sulla strada giusta per graffiare ancora, proprio perché riesce a far discutere e diversificare i punti di vista, rimanendo comunque fedele a se stessa e all’idea di un’arte che, per una volta, sceglie di parlare al cuore e di non strizzare l’occhio ai numeri.
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