Il Festival di Sanremo come natura crea
“E non l’hai visto il meteo? Non l’hai visto il cielo (…) Sta arrivando, sta arrivando l’onda alta? (…) Navigando, navigando verso Malta Senza aver nuotato mai nell’acqua alta”. In questo spezzone di Dargen D’amico si trova il concentrato figurativo di molti testi dell’ultima edizione sanremese (qui le nostre pagelle dei testi in gara). Se il richiamo agli elementi ambientali e naturali, alla volta celeste, e agli astri che la abitano, è un topos della letteratura canora, l’aggiunta di aspetti meteorologici è stata una peculiarità specifica ed eccezionale di molti pezzi in gara.
Da sempre, il sole, la luna, il cielo, le nuvole, le stelle, i pianeti, il mare, le montagne, gli alberi e i fiori hanno nutrito le ispirazioni autoriali, che le hanno declinate in metafore, similitudini e paragoni, per figurare modi di essere, stati d’animo ed emozioni del racconto. Tuttavia, è stata singolare la citazione massiccia della pioggia e del temporale come sinonimo di turbolenza interiore, di crisi o, comunque, di una situazione in bilico nella cornice di una storia d’amore in pieno travaglio.
Così, i Santi Francesi con “Sono le ultime gocce di pioggia Scivoliamo sopra tetti, prima di cadere a pezzi”; oppure Emma che chiede “Lasciami stare nel tuo temporale se grandini”. Se alla pioggia aggiungi il mare e il vento, ecco Il Volo (qui la nostra recensione di ‘Capolavoro‘) con “Io che mi sentivo perso, una vela in mare aperto E all’improvviso tu, tu Cadi dal cielo come un capolavoro (…) Guarda come sta piovendo, ma è stupendo averti qua (…) Io che mi sentivo perso come un fiore nel deserto E all’improvviso tu, tu”.
Qui, Mr. Rain può ritrovare il bene smarrito di un’assenza familiare “Anche se dura un secondo come le comete (…) Sotto la pioggia, sotto la neve Sospesi in aria come due altalene (…) Anche un’alba diventa un tramonto a seconda di dove ti trovi nel mondo (…) In mezzo al temporale abbiamo unito i nostri lividi Come due oceani indivisibili”.
La dimensione di natura è pure dove i BNKR44 possono attivare la loro denuncia sociale, amara, ma profondamente vera “(Perché) in giro non c’è niente di che In provincia la nebbia è la stessa dal 2003 (…) L’anno che verrà me ne vado un anno al mare (Sotto il temporale)”; Fiorella Mannoia affermare l’orgoglio femminile, cnatando “Sono una fiamma tra le onde del mare (…) Sono la terra, sono il cielo (…) Con le scarpe e a piedi nudi Nel deserto e anche nel fango”, magari in compagnia di Loredana Bertè, consapevole e ribelle fino in fondo, quando dice “Io cammino nella giungla Con gli stivaletti a punta”.
Fred De Palma lo sa che, in fondo,“Il cielo non ci vuole Pieni di rimpianti fino all’overdose (…) Alla fine il dolore sparisce Come il sole nel mare”. Per Clara, invece, “Il mare è più bello quando non sta fermo E ti fa sentire Meno solo meno solo meno solo”.
“Ma se un giorno il vento, ti portasse indietro Dalle mie promesse, come se piovessero Da un cielo nero, lacrime di vetro Perché ancora sento, il tuo rumore dentro”, canta Il Tre, “Adesso mi sento come un naufrago in mare aperto (…) Ma siamo fragili Come la neve, come due crepe”.
“Sotto questo mantello di cielo L’amore è un giudice” per Nek e Francesco Renga, dove guarda pure il giovane Alfa quando canta “Mi han detto punta al sole ma non come Icaro (…) Provo a inseguire il vento Ma se va fuori rotta Punterò al cielo aperto”. Al chiaro di questa bussola illuminata e illuminante anche nelle notti lunari, Annalisa reclama spazi per sé ed indipendenza “Ancora otto lune nere e tu la nona E forse me lo merito (…) Sto tremando, sto tremando Sto lasciando dei chiari di luna indietro E tu non sei leggero”, mentre i Ricchi e Poveri ballano, accorgendosi che “Ti giri un momento la notte è finita Le stelle già stanno cadendo” e i The Kolors osano a tal punto che “E comprerei per te la luna se c’avessi money Solo per cantarti ancora un po’”.
Ma viviamo un’epoca di relativismo cosmico, il cui cono d’ombra si proietta su cuori consapevoli e tristi. Perciò, Mamhood “Fumando fino all’alba, non cambierai (…) Dov’è la fiducia? Diventata arida È come l’aria del Sahara”; o Geolier “Nuij simm doije stell ca stann precipitann (…) O ciel c sta uardann E quant chiov e pcchè Se dispiaciut p me e p te Piccio mo sta iniziann a chiovr Simm duij estranei ca s’incontrano”; e ancora La Sad “Questa è la storia di un mare di delusioni E affoghi fino a quando non provi emozioni”, con Rose Villain mentre “Piove sopra una lacrima Perché ho bisogno di te (…) Sai che dentro ho un mare nero che s’illumina? (…) E giuro che se l’universo Dovesse finire stanotte Ti seguirei sull’Everest”.
A questo punto, non ci rimane che ricominciare come i Negramaro (di cui qui la nostra analisi) “Io sono sotto che ti aspetto, Così ti porto al mare (…) Eravamo ghiaccio che si scioglie in mezzo al nulla,In mezzo a tutta quella neve: Dio, com’eri bella?! (…) E allora piove da quel buco sulle teste,Sì, ma non fa niente (…) E che sia al mare, che sia dove soffia il vento, Non mi importa: Ricominciamo tutto!”; oppure “Scappare per un po’ da Roma Nord” con Gazzelle, lasciando fare al caso come Alessandra Amoroso in “Un’altra notte di pioggia Scivola come una goccia (…) Fuori un freddo cane (…) Basta solo un po’ di vento E tutto vola via”.
Certamente, quello che cambia del tutto i piani è l’inaspettato; tutto quello che può accadere fuori dalla nostra ‘comfort zone’, soprattutto quando siamo obbligati a muoverci ed agire per sopravvivenza. Questa è l’esperienza dei migranti, cantata da Ghali, che ci fa riflettere attraverso gli elementi della natura su come “Il prato è verde, più verde, più verde Sempre più verde (sempre più verde) Il cielo è blu, blu, blu Molto più blu (ancora più blu) (…) Casa mia, casa tua Che differenza c’è? Non c’è (…) Dal cielo è uguale, giuro”.
Lascia un commento