Giancarlo Di Muoio: “La musica è il mio pronto soccorso dell’anima” – INTERVISTA

Giancarlo di Muoio

Intervista al cantautore Giancarlo Di Muoio per la presentazione del nuovo album d’inediti

Intervista al cantautore Giancarlo Di Muoio, un artista che vive con e per la musica che per lui è strumento di consapevolezza, «una sorta di mantello magico che ci permette di tradurre in parole ciò che abbiamo dentro», mi racconta. Lo sento per un’intervista in occasione dell’uscita del suo primo album Sulla strada, un lavoro discografico lungo 15 anni che ha come epilogo il brano Gerry, che dedica al padre. Il primo singolo estratto è Sulla strada che, come scritto, dà il titolo a tutto il lavoro.

Ciao Giancarlo, come stai? Intanto ti faccio i complimenti per il tuo brano, dopo i fasti e le coreografie dell’Eurosong contest, mi porta in una dimensione cantautorale di cui avevo bisogno. Ti faccio subito una domanda, perché hai scelto come titolo del tuo album “Sulla strada“?

«Ciao Antonino, intanto grazie mille. Sulla strada è il titolo dell’album e anche del primo singolo estratto, al centro della canzone c’è il viaggio come metafora della vita, tutto il disco ruota sulla ricerca di qualcosa, di un nuovo orizzonte. É frutto di un lavoro che dura da quindici anni, quindici anni di vita vissuta, fatta di tante cose belle ma inevitabilmente anche di cose brutte, la musica per me è sempre stata necessaria per uscire dalle cose spiacevoli e intraprendere una nuova strada. Ti faccio un esempio, nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare Fabio Concato. È stato un incontro fortuito, lavoravo come musicoterapeuta, cantavo una canzone che si chiama ‘Amico mio’, lui l’ha ascoltata grazie ad un’amica comune e l’ha voluta incidere. Posso dire che, sembra un gioco di parole, ci siamo incontrati grazie ad ‘Amico mio’, abbiamo due formazioni diverse, lui viene dal nord, io dal sud, ci siamo incontrati e abbiamo fatto tante cose assieme. Poi ho continuato per la mia strada, per me quell’incontro è stato formativo per la mia scrittura».

Bello che tra l’altro questo incontro sia stato causato proprio da una tua canzone. Mi dici che lavoravi come musicoterapeuta, spiegami cosa intendi e qual è quindi la tua formazione.

«Lavoravo, ma lavoro tutt’ora come musicoterapeuta, è una storia lunga. Intanto ti dico che mi sono laureato in Pedagogia, ho studiato in una Facoltà che ti permette di spaziare, un insegnante del mio corso di laurea, una volta compiuto il mio percorso universitario, conoscendo la mia passione per la musica, mi ha suggerito un master a Torino di musicoterapia. Non so come dire ma ho scoperto un mondo che già in qualche modo vivevo, ho potuto dare un contorno a ciò che conoscevo già. Ho sempre usato la musica come, per citare implicitamente Aristotele, “un pronto soccorso dell’anima”».

Mi piace questa citazione, una mia amica la chiamerebbe citazione da Rai3, ma andiamo nello specifico, cosa dice esattamente Aristotele?

«Lui sostiene che la musica fa bene a chi la scrive e a chi la ascolta. È un concetto che condivido a tal punto che in una mia canzone, La legge del tuo cuore, dico “canta forte anche se è forte il tuo canto perché fa bene a te”».

Quando intervisto un artista per la prima volta mi piace chiedere qual è il primo ricordo che ha del suo approccio alla musica. Com’è avvenuto nel tuo caso?

«È una passione che mi ha trasmetto mio padre, un ex musicista, un trombonista nello specifico. Mi ha fatto conoscere il pianoforte all’età di sei anni, ho cominciato a scrivere canzoni in età adolescenziale. Ho amato Battisti per la melodia, per i suoi arrangiamenti complessi ma diretti, per i testi ho avuto un amore viscerale per Fabrizio di Andrè, questa cosa mi ha aiutato a trovare la mia strada».

Ho letto anche di un importante progetto legato alla storia di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore.

«Sì, anche in quel caso una mia canzone mi ha fatto venire in contatto con una realtà meravigliosa, avevo dedicato un brano al Sindaco pescatore morto il 5 settembre 2010, canzone scritta in quello stesso anno, poi pubblicata nel 2016, come il film con Sergio Castellitto e la trasposizione teatrale con Ettore Bassi».

Come definiresti questo tuo disco?

«E’ un disco di rinascita e ripartenza. Al centro c’è la vita, fatta di tante cose: belle e brutte, semplici e complicate, costellata di gioie e dolori. Un giocattolino che si deve accettare in tutte le sue parti, anche se è complicato. Questo modo di vedere ci dà una luce diversa, un’energia che possiamo irradiare, condividere. Soprattutto dopo una grande perdita. Il dolore ci impone di fermarci, rimettere insieme i pezzi, ritrovare sé stessi. Per poi ripartire, riprendere il viaggio con tutte le sue ferite. Un viaggio dentro e fuori la vita».

‘Gerry’ è la canzone che chiude il tuo lavoro discografico, canzone che tu dedichi a tuo padre Gerardo.

«C’è una continua contrapposizione tra la vita e la morte, sono facce diverse della stessa medaglia, ho perso mio padre in un periodo di chiusura, in piena pandemia nella primavera del 2020, un dolore nel dolore, non ho potuto vedere né mio padre, né i miei, papà è arrivato dopo dieci giorni. Io ho fatto questo disco per una frase di mio padre: «dai, ma scrivi una canzone che arrivi diretta al cuore delle persone», ed è così che è nata ‘Gerry’, canzone che ho dedicato a lui, anche in questo caso la musica mi ha tirato fuori dal dolore. È stato un momento terribile, un dolore che non si supera, che si interiorizza, vissuto in un periodo tremendo. La sua scomparsa, le sue parole mi hanno aperto un nuovo scenario della vita, nel dolore condiviso di quel periodo tremendo per tutti in cui molte persone hanno perso i loro cari in circostanze assurde senza poter dare loro l’ultimo saluto. Io, e anche grazie a lui, sono stato fortunato, perché la musica mi ha salvato».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.
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