Ermal Meta e il contrasto tra benessere e inquietudine nella sensibilità de “L’unico pericolo” – RECENSIONE

Ermal Meta 2024

Recensione del nuovo singolo di Ermal Meta, pubblicato lo scorso venerdì 8 marzo

È l’antipasto di un nuovo album che vedrà la luce in primavera e, per anticiparlo, Ermal Meta ha scelto di tornare alla sua veste più poetica, profonda e sensibile dopo quella più sperimentale mostrata nel duetto con Jake La Furia, “Male più non fare“. “L’unico pericolo” è il nuovo singolo del cantautore e si distingue immediatamente per la scelta di sonorità attuali che non rinunciano comunque alla melodia di italica tradizione. Lo stile riesce ad essere moderno ma al tempo stesso classico e questa contrapposizione è evidente nella costruzione delle due strofe: la prima con un mood quasi rappato, la seconda con chiari echi all’incedere tipico di Lucio Dalla.

Ermal Meta ci porta in scena una riflessione sulla condizione di fragilità in cui ci si trova mettendosi completamente nelle mani dell’altra persona. La coppia raccontata vive quindi in contrasto tra il benessere che contraddistingue la loro vicinanza e la paura che all’improvviso tutto possa finire, e così “l’unico pericolo che sento veramente non è rifare la vita da zero, ma farla senza di te“. Una sensazione di inquietudine che trova un’ottima resa anche grazie alle atmosfere rarefatte del brano, che alterna parti più cupe e altre invece più aperte mostrando così abilmente tutti i colori della voce del cantautore.

Il protagonista sa di vivere in simbiosi con la propria amata e conosce il perché della propria fragilità, causata da un sentimento a metà tra dipendenza e devozione (“Come me che ho iniziato a fumare solo per stare con te“). È un amore condizionato da sensazioni contrastanti fino a quando non ci si rende conto che il modo migliore per stare vicino all’altro è quello di supportarlo nella vita di tutti i giorni, rifugiandosi anche nelle cose più semplici come la richiesta di un po’ di riposo insieme (“Bocca ballerina, baciami e riposa per qualche minuto da questo trambusto che non c’è più gusto“) o un sorriso dopo un’estenuante giornata di lavoro (“Ti scatto una foto, sorridi, lo so che non ti va. Lo so, ma lo fanno tutti, produci, consuma, ripeti, ripeti“).

Sono proprio i ritmi della società attuale che contribuiscono a minare la sicurezza e il benessere alla base di un rapporto (“Ma come fanno gli altri a fare di tutto, a starci dentro di brutto, conciliare dei figli, palestra, lavoro, e come fanno col sonno di poche ore soltanto“) e quindi il fatto di riuscire a continuare a concedersi insieme “un piccolo sogno, pure mezzo distrutto” diventa fondamentale per superare gli scricchiolii che possono scaturire. L’amore non può sopravvivere se non c’è supporto a vicenda, che ne è condizione necessaria.

Con questo brano Ermal Meta torna quindi un po’ alle origini, mostrandoci la parte più emotiva e sensibile della sua penna dopo alcune sperimentazioni fatte negli ultimi anni. E l’abbiamo trovato esattamente come l’avevano lasciato: abile come pochi nel raccontare i lati più intimi, fragili, nascosti ed emotivi dell’animo umano, non risultando mai banale.

Classe '92, il sogno della scrittura l'ho lasciato per troppo tempo chiuso in un cassetto definitivamente riaperto grazie a Kekko dei Modà, il primo artista ad essersi accorto di me e a convincermi che questa è la strada che devo percorrere. Per descrivere il mio modo di raccontare la musica utilizzo le parole che mi ha detto una giovane cantautrice, Joey Noir: "Grazie per aver acceso la luce su di me quando si sono spenti i riflettori". Non faccio distinzioni tra la musica che è sotto i riflettori e quella che invece non lo è, perchè l'unica vera differenza dovrebbe essere tra musica fatta bene e musica fatta male.
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