Sanremo 2024

Sanremo 2024: un’edizione da ricordare?

Cosa resterà di questo Sanremo 2024

Temo poco e niente. O forse no?! Temo che sia stato la consacrazione del pop mainstream, con canzoni passeggere, leggere quando anche impegnate nel messaggio (e questo certamente non è un male), ma che non si consegneranno alla storia della musica italiana. Insomma, che non canteremo di generazione in generazione; di cui non ricorderemo i ritornelli, ma le brevi ripetizioni di parole.

Come si collocano le personalità artistiche rispetto a tutto questo? È una scelta consapevole? Oppure condizionata da un sistema commerciale, al quale non riescono a sottrarsi, o a cui non sanno rinunciare per rimanere sulla cresta della popolarità? Che questa sia momentanea, si sa!

Da qui, un’unica certezza. La reginetta o il reuccio di questo Festival 2024, costruit* ad hoc, clamorosamente sostenut* su tutti livelli, con un parossismo per certi versi incomprensibile, siamo sicuri che sarà la Cenerentola o il Cenerentol* di una prossima edizione. Come in un concorso di bellezza, anche la kermesse sanremese ci insegna che tutto fiorisce e svanisce; lo scettro e la corona di un anno andranno ceduti alla più “bella” o al più “figo” dell’edizione successiva.

Questa dimensione “di passaggio” del testimone, come in ogni staffetta che si rispetti, dovrebbe avere anche il significato di consegnare la responsabilità del proprio “mestiere” (perché quello dell’artista è anche questo) ad un’altra personalità artistica; del fare insieme in nome dell’arte e dell’intrattenimento; del non sentirsi div* e divin* in un settore che, di anno in anno, muove sempre più denari in termini commerciali senza lasciare tracce di memorie collettive da portare avanti nel tempo.

Con questo riteniamo di poter dire, senza temere di sbagliare, che Sanremo non è più l’istantanea di un Paese né lo rappresenta nei gusti e nelle mode nazionali, ma è il luogo dove si può cogliere l’andamento di un mercato popolare, più ampio dei propri confini territoriali e che cerca, anzi, di ritagliarsi uno spazio di maggiore visibilità possibile nel panorama della musica europea. In quante occasioni si legge, tra i commenti social, che questo o quel cantante merita di andare l’Eurovision? Tanto da far pensare che questa partecipazione sia l’obiettivo principale, su cui puntare tutte le energie, televotando più per questo che per la canzone in sé. Non sarebbe il caso, a questo punto, di separare le possibilità e, dunque, selezionare il pezzo per il festival europeo con un nuovo meccanismo che sia svincolato dalla vittoria al Festival di Sanremo?

Sarebbe una prima ed interessante novità per la nuova direzione artistica della prossima edizione. Una direzione che avrà tanto da lavorare per apportare ossigeno e cambiamento, dopo quella quinquennale di Amadeus, che, a dirla tutta, quest’anno ha risentito tanto degli acciacchi “di vecchiaia” e, sicuramente, anche dell’attuale cornice politica. Abbiamo assistito, infatti, a un Festival più appiattito negli spunti di riflessione sociale e della satira politica a cui ci eravamo tanto abituati; più ingessato e attento a quello che “non si può dire” per non intaccare un già precario equilibrio politico; political correct nei confronti di un governo, che ha, implicitamente, imbavagliato la kermesse sulle tematiche extramusicali da trattare.

Eppure, un momento topic lo conserveremo a lungo: la lezione di vita di Giovanni Allevi. Potente e sincero, temprato e fragile allo stesso tempo, non ci ha voluto insegnare come vivere, ma ha saputo indicarci come reagire ad un trauma di vita, improvviso ed inatteso, e come tornare a “fare” e a sognare ancora, nonostante tutto.

Siamo al gran finale di questa settimana, unica ed irripetibile per il nostro Paese che sembra realmente fermarsi, per strizzare l’ occhiolino alla musica leggera e per scoprire che, alla fin dei conti, quelle che sembrano solo canzonette, saranno un piccolo pezzo, qualche volta anche involontario, della sua quotidianità. Quando le classifiche non conteranno più, e le emozioni avranno campo libero, inizierà la vera partita di Sanremo: quali canzoni canteremo sotto la doccia, sotto la pioggia e sotto il palco di un concerto? Da lunedì sarà tutta un’altra musica.

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica, il silenzio; dal "vuoto sonoro", un nuovo concerto.