Pierdavide Carone: tutto il relativo del mondo in “Carla e la Credenza”

Pierdavide Carone

L’analisi delle immagini testuali del nuovo singolo del cantautore pugliese

Un ritorno in grande stile per il cantautore Pierdavide Carone. L’ultimo singolo “Carla e la Credenza” è un testo di serietà urgente, mimetizzata da un’apparenza scanzonata e fischiettante, in cui si camuffa la vera celebrazione del pezzo: la nausea del mondo.

L’offerta di Carone è quella di un folk fisiologico, che costruisce una necessità letteralmente evacuativa, (“Voglio restare a galla come la mia merda più utile di me alla Madre Terra”) attraverso metafore dello scarto, per trattare di un bisogno fondamentale: il ritorno a uno stato di vita primordiale per ritrovare l’essenziale più che l’essenza. Il messaggio della canzone è intriso di un relativismo esistenziale che non va, però, confuso con una sorta di annichilimento contemporaneo, anzi il contrario. Il racconto, infatti, è quello di un essere umano dinamico e agente, che ha esplorato mondi vicini e lontani in viaggi possibili e surreali, senza ricavare orizzonti di senso (“Sono stato sulla Luna era un po’ come una duna mamma mia ma che sfortuna Sono stato nello spazio senza ossigeno che strazio quasi meglio il mio palazzo”).

Il cantautore non sopporta l’elevazione spirituale ad ogni costo, come approdo filosofico di tutta una parte di umanità meditativa per hobby o, addirittura, per moda, più che per una necessità interiore (“e mi sono rotto il cazzo della smania esistenziale dello spirito elevare tutto ciò che invece vorrei fare”).

Come un Cristicchi che canta alla Rubino, Pierdavide Carone imbastisce le trame di un tessuto sociale stratificato e a tal punto complesso da ottenere l’effetto paradosso, scoprendosi un animale antisociale. Un opposto “aristotelico”, secondo cui l’essere umano è per natura portato alla relazione con l’altr*, qui si realizza con il solo desiderio di ritornare a vivere nel proprio appartamento (“Voglio restare dentro il mio appartamento Senza il traffico del centro Voglio la mia ignoranza Dentro in questa stanza Come Carla nella sua credenza Io me boh va beh”).

Non è la scelta di comodo, soprattutto se la si pensa in una prospettiva post pandemia che ha costretto all’isolamento, ma la lucida consapevolezza di chi, dopo tanto vagare a cercare risposte, non ha niente altro da dichiarare se non “io me boh va beh”. Quanto è vero questo spassoso gioco di parole? Tanto più, quando si scopre che in un “altrove” idealizzato pure un premio Nobel muore? (“Sono stato anche su Marte mi annoiavo un poco a morte E non c’era forma d’arte Prendi e mettila da parte Basta voglia di scoprire: anche un premio Nobel muore L’hanno detto al televisore”).

A fare la differenza in questa canzone, è la volontarietà della scelta di autoconfinarsi in casa per trovare equilibrio e senso di vita e  non per proteggersi da un virus sconosciuto e venefico come siamo stati costretti a fare in tempi recenti. Quanto diventa necessario ricorreggere il tiro e mettere tutto e tuttə al suo posto? (“E che la mia esistenza muoia in una danza Come quella carpa nella lenza o una capra di Faenza O la Carla e la Credenza Io me boh va beh”). Così, anche per ciò che riguarda la fantomatica Carla e le sue credenze?

La maiuscola del termine “Credenza” nel titolo potrebbe intendersi in questo senso; oppure, si tratterebbe di “metterla” nella credenza come si fa con i ricordi più cari, che si tengono lì a vista per accarezzarli semplicemente con uno sguardo? Potrebbe essere il contrario? A questo punto, si tratterebbe di togliere Carla dalla vetrina delle esposizioni casalinghe e farla tornare accanto, nelle minuzie della vita quotidiana, per  ballare insieme questa danza che tiene impigliati come una carpa alla lenza in un gioco di nonsense, dove l’unica certezza è quel “io me boh va beh” del finale.

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica, il silenzio; dal "vuoto sonoro", un nuovo concerto.
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