Matthew: «’Hai lasciato qui ogni cosa’ è una delle canzoni più vere che io abbia scritto» – INTERVISTA

Matthew

‘Hai lasciato qui ogni cosa’ è il nuovo singolo di Matthew

Hai lasciato ogni cosa’ è un brano intenso, autobiografico che Matthew scrive e canta con verità viscerale, la sua chitarra e la sua voce si fondono in un canto che viene dal profondo del suo cuore. Questo brano che è la corsa disperata di chi non riesce a lasciar andare. È il fiato corto e i brividi che restano addosso anche quando l’amore o una presenza cara se ne sono andati; una confessione con le ossa rotte.

Ciao Matthew, come stai? Cosa canti in ‘Hai lasciato qui ogni cosa‘?

«Diciamo che questo brano nasce da una serie di cose, non è il risultato di un evento perfetto, è un insieme di cose successe nella vita, tante e contemporaneamente, diciamo che nei momenti di difficoltà tendo sempre a non cercare aiuto, mi isolo, tengo tutto dentro.»

Posso chiederti se è dedicato a un momento o a una persona in particolare?

«Non è dedicata a una persona, può essere interpretato come la dedica a una persona che non c’è più o a una persona che semplicemente non fa più parte della tua vita. Mi piace dire che ‘Hai lasciato qui ogni cosa’ è una delle canzoni più vere che ho scritto. Parla di quello che resta quando perdi qualcuno o qualcosa che conta davvero. È dolore, ma anche quella forza disperata che ti spinge a non mollare anche quando hai perso tutto. Questa canzone la dedico a mio padre

Bella la frase: “Hai lasciato qui ogni cosa ma io non ho lasciato te”…

«Sì, grazie, diciamo che è il riassunto di tutto, nella vita a volte ci si trova a dover lasciare andare qualcosa, pur non volendola lasciare.»

Come nascono le tue canzoni?

«Io in generale con chitarra in mano, ho delle idee che metto in melodia, per nme è fondamentale la presenza di Francesco Fremonti, è un’importante collaborazione artistica, i pezzi nascono assieme. Mi piace pensare che siamo come Mogol e Battisti, solo che nel nostro caso siamo entrambi sia Mogol che Battisti, entrambi mettiamo mano sia alla melodia che al testo. Non riusciamo a dosare chi fa cosa e quanto, so solo che quando siamo insieme riusciamo a concentrare le nostre energie.»

Com’è nato il video clip?

«Per il video abbiamo concepito una performance essenziale e intima. Sono seduto su una sedia al centro della stanza mentre una telecamera mi gira intorno. La luce filtra da una tapparella e richiama l’alba che lentamente rischiara la scena, fino a richiudersi nel buio con la fine della canzone. Un concept semplice ma potente che riflette il tema del brano, la lotta interiore tra oscurità e ricerca di luce.»

Quali sono i sogni che avevi da piccolo? Cos’è per te la musica?

«Non è cominciato in modo ortodosso, ho cominciato a suonare la chitarra a 18 anni, poi è arrivata l’esigenza di fare qualcosa di mio. Quindi ho cominciato a scrivere, pensa che non era neanche mia intenzione quella di cantare, poi però, visto che non c’era nessuno che le cantava, ho cominciato a cantarle io.»

Quando scrivete una canzone che idea vi fate di chi ascolterà il brano?

«Entriamo in una stanza, ci mettiamo a lavoro, tra me e Francesco non stiamo a contare chi fa cosa, a mio avviso in buona fede l’ascoltatore deve essere l’ultima cosa da prendere in considerazione, devi sentire tu il brano, poi è bello quando gli altri lo apprezzano, però non mi piace l’idea di scrivere per inseguire il gusto del pubblico.»

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.
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