La società di oggi ha le ore contate, parola di rapper
Prodotto da Marz, Zef & Fritz Da Cat, “Crash” è il singolo estratto dal settimo album di Marracash, “È finita la pace”, un mosaico di verità dall’inizio alla fine, che anche solo per questo, può aspirare a diventare l’album italiano dell’anno. In “Crash” c’è tutta la forza di una canzone politica che, mentre denuncia i mali contemporanei, invita a una riflessione dai tratti profetici.
Per capire di cosa stiamo parlando, mettiamo in relazione la fine del brano (“Nessuno pensa al domani Crash, crash, crash Sempre più vicini al crash”) con il suo incipit (“Non serve una sonda per sapere che è tutto marcio Non serve la bolla per vedere che è tutto piatto Non siamo in pericolo, siamo il pericolo”). Si parla di pericoli quotidiani, del “marcio” e “piatto” che li contraddistingue e di cui risultano già chiari i responsabili, cioè “noi stessi”. Anzi, siamo noi il pericolo vero.
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Il racconto della realtà con una penna ispirata ed essenziale |
Marracash è un aedo del rap, senza eguali, per la capacità di dipingere la complessità nuda e cruda, districando gli strati che la compongono con tocco richiamante il realismo macchiaiolo. Spoglio di ogni eccentricità, l’artista fa tramuta le parole in pennellate asciutte, e per certi versi spietate, rendendole capaci di restituire agli occhi di chi guarda numerose sfumature della rappresentazione.
Ascoltando il singolo, si ha la sensazione di vedere il contenuto del racconto come in un vero contatto fisico con la narrazione, che non taglia proprio nessun essere umano dalla sua fetta di responsabilità, ma lo fa diventare in qualche modo complice del decadimento (“Si allarga la forbice Non si chiuderà senza qualche collo da torcere Muovi solo il pollice matto con mente complice”).
Per esempio, attraverso il voto elettorale si è realizzato un balzo preistorico con l’insediamento del Governo attuale (“Governo di fasci che dice frasi preistoriche Pensano che basti riempire il vuoto con l’ordine”); cadendo nella trappola dei social, simbolo del “nuovo proletariato” e degli inganni che si nutrono del caso umano come strumento di manipolazione emotiva (“Figli per i social, nuovo proletariato Aumentano l’engagement, l’ingaggio, l’inganno Senza passaggi cruciali casi umani fanno passaggi da Cruciani”), si alimenta la nascosta finalità di massificare le persone, annullando le differenze di ognuno (“Dalle base ai vertici Tutti i poveri si assomigliano, tutti i ricchi sono identici”) e negando la sensazione di sentirsi, in qualche modo, protetto (“Chi potrà proteggervi Se quei pochi si moltiplicano, e si girano gli eserciti”).
Tra la necessità di cambiamento e l’impossibilità di liberarsi |
Nonostante la necessità impellente di cambiamento attraverso le prime forme di dissenso e di sentimento anti- celebrity (“Cambia in fretta credimi Cresce l’odio per i privilegi e il sentimento anti-celebrity”), restiamo impelagati dalle zavorre di una società affamata di efficientismo economico e di vanagloriosi narcisismi (“Vedo solo debiti Tu che flexi gli orologi come nel 2016 Zona d’interesse Oggi come ieri conta essere efficiente”).
Viviamo, infatti, è sul confine di una “Zona di interesse”, proprio come quei 40 chilometri quadrati adiacenti al perimetro dei campi di concentramento nazisti, dove l’alta borghesia tedesca viveva incurante dei rumori provenienti dalla crudele realtà accanto, che cancellava vite come inutili giocattoli da buttare.
Cos’è diventata, dunque, l’America che un tempo ha liberato l’Europa? Un anti-modello, fucina dei conflitti internazionali e vetrina di “cattive intelligenze” al potere in un impero economico estremista e delirante, che ha fatto della politica “di genere” una facciata dalle vuote intenzioni, totalmente asservita a diabolici burattinai come Elon Musk (“Chi vuole essere più americano a parte i rapper? Gente di potere sa il potere della gente Sa che chi ha un potere e non lo esercita lo perde Uomo sotto scrivania di donna presidente Perché è una questione di potere, non di gender Cattive intelligenze, influenza Fuck evil Musk, ho venduto la Tesla”).
Quale fine hanno fatto i cittadini, se non quella di trasformarsi in una folla informe con la mente in playground, assistendo passivamente a una guerra in background (“E una folla assiste (E una folla assiste) C’è una guerra in background, -ground (C’è una guerra in background) Cattive notizie (Cattive notizie) La tua mente è il playground, -ground (La tua mente è il playground)”), chiusa nel dramma di diverse bolle che l’hanno, letteralmente ingabbiata.
Dalla bolla finanziaria e immobiliare, a quella della speculazione sulla salute pubblica e sull’emergenza climatica. Dagli esiti dell’AI, all’anestesia emotiva di fronte alla vista ripetuta di immagini di morte (“Le mille bolle di Mina La bolla finanziaria, la bolla speculativa Profeti dei profitti, la bolla matta del clima Finto naturale, una bolla di chirurgia Quella immobiliare, quella della pandemia I nuovi padroni di Seattle Le vecchie istituzioni che non contano un cazzo Di generazioni in letargo Instupiditi dalle bollicine di Vasco Quella dell’AI, dei concerti live Di voglia di cambiare il mondo con i like Di news di cui ti ingozzi ogni giorno I morti con due scrolling te li scrolli di dosso”).
La parte del futuro come un’incognita |
Allora, cosa fare? Restare nella propria zona confort significa non vivere a pieno il presente. Rimanere in un silenzio asfissiante, e magari sedare la paura attraverso lo sballo, o il ricorso sostanze psicotrope, sembrerebbe una via efficace ad arginare la paura di questi tempi velenosi (“La bolla del presente non vissuto Paura del futuro e passato come rifugio Tutti zitti in un luogo chiuso La bolla di ciascuno a sicuro nel suo pertugio Fatti Tutti che si cagano quando escono dai party”), che sanno di fogna e pure di mortificazione artistica (“La puzza di fogna che ha raggiunto i piani alti Ora c’è più nemmeno l’arte a consolarci Sai che quattro autori scrivono a tutti i cantanti”) per chi voglia vivere del suo talento.
E poi, la bolla del razzismo e quella della non-democrazia migratoria, che tenta di contenere, o addirittura di impedire, la libertà di abitare il mondo, dove e come si vuole (“Bolla dei confini e dell’immigrazione Termini offensivi e libera espressione Sui temi bollenti vai in ebollizione Tutti gli ingredienti, le bolle nel pentolone Fanno un crash”).
Fermi, immobili, non reattivi, tutti facciamo parte, e con pari responsabilità, del countdown che ci ricorda il tempo stringente prima del blackout e del crash finale.
Addirittura questo momento sarà un affare soltanto per il mondo degli affari, visto che si tratterà del tragico finale di un’esistenza globale. Ma, se valesse davvero la pena di provare a salvarlo prima del “Crash” finale? (“Nessuno reagisce (Nessuno reagisce) Mentre parte il countdown, -down (Mentre parte il countdown) Ora il tempo stringe (Cattive notizie) Chiudi gli occhi blackout, -out (La tua mente è il playground) Sempre più vicini al crash Crash, crash, crash Così di colpo Crash, crash, crash, crash Ma farà bene agli affari Crash, crash, crash”).
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