AI Musica

‘Intelligente’ e ‘artificiale’, la musica pop a misura di algoritmo

Relazioni opposte  e contrarie: la musica delle “cose umane” vs il pop dell’Intelligenza Artificiale (AI)

“All’interno di XFactor 2024 c’è una ragazza che si vede che scrive cose umane che non sono frutto di algoritmi”. Le parole di Carmen Consoli su Francesca Siano, in arte Francamente, concorrente del programma eliminata in semifinale, fanno da spunto per una riflessione su specifiche scelte creative e di produzione, diventate, ormai, la consuetudine di una larga fetta di mercato nella pop music industry.

Ma andiamo per gradi e cerchiamo di rispondere a una prima domanda. Cosa può significare scrivere “cose umane”?
La concorrente del reality show ha mostrato, fin da subito, un talento sincero per ciò che attiene all’interpretazione di testi a tematica sociale, volti soprattutto all’inclusione. La canzone “Bombe in colombe” si focalizza, per esempio, sui diritti della comunità lgbtq+ che, in questo momento storico, è chiamata ad affrontare una fase ulteriore di “resistenza”.

Le canzoni hanno avuto, da sempre, un ruolo fondamentale nel veicolare messaggi per il grande pubblico, ma quelle dell’ultimo decennio corrono il rischio di essere l’esito di una massificazione musicale, che le vuole rispondenti a meri obiettivi di mercificazione. Per questo, è diventato necessario che il sound sia il più commerciale possibile e il testo il meno impegnato possibile. Per distrarre chi ascolta, bisogna prediligere il contenitore al contenuto e rispondere ad un unico imperativo: vendere senza troppo indugio sulla ricerca di senso.

Il risultato è quello di un generale appiattimento in termini di  qualità della ricerca artistica e l’allontanamento dal bel canto, inteso pure nella sua funzione di educazione sociale. È come se la recente musica pop venisse concepita soltanto per il piacere dell’intrattenimento senza apertura allo sviluppo di un pensiero critico, tutt’al più circoscritto a occasionali eccezioni di cantautorato.

Costretti a cavalcare quest’onda pur di rimanere a galla, molti cantanti pop restano incastrati nella tirannia di un meccanismo da cui sottrarsi potrebbe significare la perdita istantanea di popolarità e di rendita economica.

Per la cantantessa di Catania, scrivere “cose umane” significa non ricorrere alla vasta tecnologia dei generatori di canzoni AI, sempre più usati sia da artisti professionisti sia da semplici appassionati, per imbastire e mettere a punto la melodia di una canzone, o un intero brano, compreso il testo.

L’algoritmo intelligente trasforma in musica l’iniziale richiesta del fruitore, seguendo la struttura di base della canzone (intro, strofa, bridge, ritornello, strofa, bridge, ritornello, special, ritornello); oppure apporta cambiamenti e tagli a quella  sequenza, ampiamente consolidata nella sua efficacia.

I generatori di AI più diffusi per la musica (Soundraw, Udio, AIVA, BOOMY, Mubert AI, Song lyrics generator,Voice mod, Loudly, Ecrett Music, Wav Tool, Shutterstock – Amper Music, Codice Amadeus) mettono a disposizione opportunità compositive infinite con funzionalità differenti. Ma come funzionano esattamente? In sostanza, questi generatori di AI rilevano un numero pressoché illimitato di melodie e di testi, trasformandoli negli “attrezzi” della successiva selezione “intelligente” e “artificiale”, che viene eseguita secondo i criteri fissati in partenza dal cliente del servizio, vale a dire l’artista.

Per esempio, Voicemod genera una canzone in pochissimi secondi, a partire da un testo, da un genere di riferimento e intercettando gli artisti più vicini al prodotto immaginato. L’unica condizione richiesta al fruitore è l’inserimento del testo che rimane l’espressione totale del pensiero e della volontà di chi lo ha scritto con un preciso messaggio.

La selezione delle parole e il loro assemblamento compositivo rimane un passaggio fondamentale della creazione artistica; interamente umano e condizionato dalle emozioni, dai sentimenti, dai desideri e dalla riflessività che guida la penna degli autori.

Traccia emotiva, conforto, distrazione, senso di identità sociale o di ribellione civile sono i segni lasciati dalle canzoni e dovrebbero rappresentare il guadagno simbolico dell’artista e del suo entourage. Tuttavia, le prime indiscrezioni sul prossimo Festival di Sanremo  fanno pensare a tutt’altra realtà.

I 30 pezzi in gara, anziché 24 come da Regolamento ufficiale, a cui si aggiungono i 4 delle “Nuove Proposte”, stupiscono non tanto per il numero che asseconda il potere delle case discografiche, ma per la monotonia delle loro tematiche classiche, meglio dire neutre, al fine di far cantare e ballare senza arrecare disturbo politico.

Se queste sono le premesse, Carmen Consoli non avrà tante occasioni di ascoltare “cose umane”, perché impressiona di più la musica iper tecnologica, confezionata a tavolino e fatta con lo stampino; una musica conformista che sa di artificio e invita all’omologazione; una musica che ha fame di denari e come scopo principale quello di tirarne su tanti. Stiamo vivendo la fase matura del sistema musicale algoritmico con fruitori passivi di prodotti seriali, quasi del tutto acritici.

Esiste un antidoto a tutto questo? Certamente sì. Per esempio, allenarsi nell’ascolto consapevole e riconoscere il talento come condizione necessaria e definente la personalità di un artista; premiare l’originalità di una proposta artistica, valorizzando gli elementi che la rendono unica. A questo punto, scrivere “cose umane” vuol dire diffondere bellezza attraverso le diverse espressioni artistiche, tenendo presente che, anche se scomode o ruvide, esse saranno in grado di innalzare e di illuminare le umane fragilità.

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica, il silenzio; dal "vuoto sonoro", il nuovo concerto.