Recensione del concerto di Ermal Meta tenutosi lo scorso 12 luglio a Varallo Sesia (VC)
È un Ermal Meta in grado di trovare un ottimo connubio tra energia e sensibilità quello che sta girando l’Italia con il suo “Buona fortuna tour“, con cui presenta al pubblico il suo quinto album di inediti (di cui qui la nostra recensione) rilasciato in primavera, senza ovviamente dimenticare i successi del suo passato.
Noi l’abbiamo visto lo scorso 12 luglio in occasione dell’inaugurazione dell’Alpàa, festival con una storia ultraquarantennale che, ogni estate, porta a Varallo Sesia – comune della provincia di Vercelli situato in Valsesia – diversi big della musica italiana a ingresso gratuito. Un luogo a cui Ermal è ormai particolarmente affezionato, avendolo già visto protagonista l’anno scorso di un suggestivo recital con esibizione al piano e presentazione del romanzo “Domani e per sempre” svoltosi sul Sacro Monte di Varallo.
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Concerto contraddistinto anche da un momento inatteso, ma magico
E, anche questa volta, il cantautore di origini albanesi non ha deluso le aspettative con un concerto contraddistinto, involontariamente, anche da qualche minuto di improvvisazione che ha particolarmente emozionato i presenti. Un classico temporale estivo, breve ma intenso, abbattutosi sulla piazza durante una delle prime tracce in scaletta, “Dance with you“, ha infatti costretto la band a coprire gli strumenti e ad abbandonare momentaneamente il palco.
A quel punto, Ermal ha pensato bene di ingannare l’attesa proponendo in versione chitarra e voce alcuni classici della musica italiana e internazionale, come “Hallelujah” in un momento che ha tanto ricordato quello visto recentemente sul palco del Concerto del Primo Maggio”, “Caruso” con un’interpretazione molto sentita e delicata, e quella “Amara terra mia” già cantata nel 2021 a Sanremo nella serata cover poi vinta. Minuti sicuramente di disagio soprattutto per il pubblico ma che, grazie al talento di un grande artista, hanno assunto una dimensione magica.
Scaletta intelligente che intervalla i nuovi brani con i classici del repertorio
Quella che Ermal Meta porta sul palco è una scaletta intelligente, che dà ampio spazio alle nuove canzoni intervallandole però con quelle già ampiamente conosciute. Perché “Buona fortuna” è, a nostro avviso, il suo album più bello ma è anche il meno popolare, e l’ha fatto capire lui stesso, con la sincerità che gli appartiene, in una recente ospitata al Radio Bruno Estate, dicendo al pubblico: “Questo è ‘Mediterraneo’, il mio nuovo singolo. Fate finta di conoscerlo, ok?“.
È, infatti, uscito in un periodo in cui radio e piattaforme streaming danno spazio a tutt’altro, senza neanche aver avuto la possibilità di presentarlo a Sanremo, e spezzare con hit che tutti possono cantare i momenti dedicati ai brani meno noti permette a chi ancora non li conosce di accoglierli al meglio.
Perché canzoni come “La strada la decido io” (a cui è affidata l’apertura del concerto), “Io e te“, la già citata “Mediterraneo“, “Finchè vita non ci separi“, “Buona fortuna” e “Ironica” dimostrano di avere una grande forza anche dal vivo e meritano, quindi, la stessa attenzione raccolta dalle canzoni che causano i momenti di massima esplosione, come i successi radiofonici “Uno” e “Dall’alba al tramonto” e i classici del repertorio ben suddivisi tra i diversi momenti del concerto. “Piccola anima” e “Non mi avete fatto niente” arrivano nella parte iniziale, “A parte te” in quella più centrale, mentre “Ragazza paradiso” e “Vietato morire” trovano spazio verso la fine in un trittico di grande potenza concluso con “Stelle cadenti“, sicuramente il singolo più forte estratto dal precedente album “Tribù urbana“.
In conclusione
Da un concerto di Ermal Meta si esce con una sensazione di grande benessere innanzitutto per le due ore di ottima musica proposta, ma anche per il continuo contatto e l’intesa che il cantautore riesce a trovare con il proprio pubblico. Lascia urlare alla gente il ritornello di “Non mi avete fatto niente” perché oggi è quanto mai fondamentale prendere tutti posizione contro le “inutili guerre“, costruisce un coro di voci che cantano tutte insieme la bellezza dell’uguaglianza con “Uno“, si butta in mezzo alla platea durante “Non abbiamo armi” cercando così quell’abbraccio che canta nel testo della canzone, si rivolge a una ragazza particolarmente commossa dicendole che “peggio di un cuore rotto c’è solo un cuore integro“. E tutto questo è emblema di un dono fondamentale per un artista: l’empatia.
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