Angelo Schiavi: «Per me non esiste scuola se non è legata al palco, un insegnante deve essere un musicista» – INTERVISTA

Angelo Schiavi & Fresh Ensemble presentano Jazz Thoughts feat. Fabrizio Bosso

Jazz Thoughts‘ è il nuovo lavoro discografico di Angelo Schiavi & Fresh Ensemble, sette tracce che sono la dimostrazione pratica, messa in musica, di studi che Angelo Schiavi ha condotto assieme con Fabrizio Bosso. ‘Promised Land‘ è il primo singolo estratto, già in rotazione radiofonica, un brano che ha una struttura armonica che si ispira al periodo del Jazz Blue Note, il tema evoca un’atmosfera misteriosa e inquieta.

Il brano rappresenta un omaggio all’ideale “isola che non c’è”, un luogo in cui le sopraffazioni, le clientele, le guerre e le ingiustizie svaniscono, lasciando spazio alla celebrazione di una vita che torna a essere così come dovrebbe essere nella sospirata terra promessa e, viste le ultime uscite del presidente degli Stati Uniti, questo messaggio non può non ritenersi indispensabile. Sento Angelo Schiavi per farmi raccontare com’è nato questo lavoro discografico.

Ciao Angelo, come stai? Com’è nato ‘Jazz Thoughts’.

«L’idea ha varie radici, ho un gruppo di allievi che lavorano con me da qualche anno. Tutto nasce nel 2023, con Fabrizio Bosso, apprezzato trombettista, abbiamo fatto un manuale di studio su “linguaggio e improvvisazione jazz”, un lavoro che mi sta particolarmente a cuore, si tratta di un lavoro teorico che prevedeva l’analisi e lo studio di una serie di brani composti appositamente a scopo didattico. Il piacere di suonare quella musica ci ha spinto in un secondo momento a registrare i brani per poterli condividere.

Questa idea si è potuta concretizzare grazie al contributo della iMusic School di Roma. Abbiamo registrato un CD nei locali della scuola, eseguendo sette brani arrangiati appositamente per il Fresh Ensemble, pensa che il gruppo è nato in occasione di questo progetto. Nonostante la situazione non sia confortante, c’è gente che si dedica alla musica anima e corpo, questo lavoro ne è la dimostrazione e sono davvero felice di potere condividere questo risultato. Per me non esiste scuola se non è legata al palco, un insegnante deve essere un musicista. Ci stiamo preparando per fare un tour locale».

Che tipo di studio ci vuole per potersi permettere di improvvisare?

«Ti ringrazio intanto per la domanda, per improvvisare ci vuole studio e dedizione. Scrivo dei libri di didattica coi quali organizzare la parte teorica, facciamo divulgazione musicale a 360 gradi. Nel jazz la libertà c’è e non risiede soltanto nella parte solista ma sta nel fatto che il musicista può interpretare quello che è scritto. Nel jazz improvvisazione e composizione sono la stessa cosa».

Come si fa a dare un titolo a una traccia strumentale? Cosa comunica la musica senza le parole?

«Ci sono nella musica delle cose non dette, per esempio il brano ‘Er tigre’ è una protesta contro tutti i dittatori e i guerrafondai, l’intro ha una ritmica che ti riporta alla ritmica militare. Il titolo viene fuori dalla musica, da ciò che crea. Armonicamente questo brano è anche un omaggio a Giant Steps, i Coltrane Changes a dire il vero sono rievocati in tutto “Jazz Thoughts”. Nella parte solistica è incredibile come la naturalezza del fraseggio di Fabrizio Bosso non venga minimamente intaccata dai bruschi cambi di accordi, la tromba suona come sospinta da una brezza leggera dentro e al di sopra del tessuto armonico. Lo special orchestrale è un omaggio proprio al fraseggio bello e brillante del grande trombettista italiano, visto che è stato proprio a lui rubato, trascritto ed arrangiato dal compositore».

Quando hai cominciato a fare musica? Qual è il tuo ricordo da piccolo?

«Ti dirò, la mia strada non è stata dritta, ho cominciato a fare musica da piccolissimo, cantavo già a quindici anni, non pensavo fino a diciotto anni che avrei fatto questo per mestiere. In un modo o nell’altro la musica tornava nella mia vita, non riuscivo a togliermela di torno. Ho cominciato da autodidatta, poi, quando ho capito che sarebbe stata la mia strada mi sono messo a studiare, gli strumenti li ho studiati da grande, da ragazzo per me la musica era un gioco. Poi mi sono diplomato al Conservatorio Licinio Refice sotto la guida del maestro Luigi Neroni. Ho approfondito lo studio del sassofono jazz e mi sono diplomato in Musica jazz presso il Conservatorio Ottorino Respighi».

Qual è il tuo modo di scrivere?

«Ti dico subito che sono fissato con l’armonia, mettere due accordi vicini è scoprire un mondo, mi dà emozione, mi emoziona la cornamusa, le cornamuse creano dei bicordi, questa cosa mi piace moltissimo. Poi compongo partendo da un testo, da delle immagini, c’è una complessità molto vasta, col tempo ho acquisito una certa libertà nello scrivere, mi piace scrivere attraverso l’improvvisazione».

Com’è stato lavorare con Fabrizio Bosso?

«Lavorare con Fabrizio significa non dimenticare mai che si fa musica per avvicinarsi al bello, il lato più nobile della professionalità. Tutti i musicisti hanno assorbito questa bella atmosfera dando il massimo, un grazie va anche a tutti loro. Ci sono Ludovico Franco alla tromba; Vittorio Gervasi, sax alto; Federica Di Santo, sax alto; Enrico Guarino, sax tenore; Dario Filippi, trombone; Walter Brunetto, chitarra; Gianmarco Giannetti, piano e tastiere; Nicola Fiore, contrabbasso; Diego Gargani, batteria».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.
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