Stillpani

Stillpani: “La mia Panic Room’ è la musica” – INTERVISTA

Intervista al cantautore Stillpani che presenta il suo nuovo album d’inediti

Panic Room è l’album di esordio di Stillpani, è un lavoro che attraversa un viaggio interiore attraverso la sua musica, mi racconta che “Una panic room è una stanza fortificata che viene installata in una residenza o azienda per fornire un riparo sicuro o un nascondiglio per gli abitanti in caso di irruzione, invasione domestica, tornado, attacco terroristico o diversa minaccia”.

Sento l’artista per un’intervista, lo chiamo come concordato con l’ufficio stampa per il 22 aprile alle 16, mi risponde che è a Madrid, in questi giorni le temperature in Italia sono crollate, a Madrid, mi dice, ci sono 30°… ci mettiamo d’accordo per fare l’intervista il giorno successivo dall’Italia.

Ciao Stillpani, ci siamo lasciati con 30° a Madrid, quanti ne hai trovati ad L’Aquila?

«Effettivamente il rientro è stato un po’ traumatico, (ride, nda) non sono ancora all’Aquila, sono a Roma, il rientro è previsto fra qualche giorno, forse i giorni a Madrid sono stati pochi…»

Prima di parlare della tua musica, ti faccio una domanda: da cosa deriva il tuo nome Stillpani?

«L’ho preso da Coez, lui è il mio idolo musicale, usa spesso questo termine “still”, ho accorpato le prime quattro lettere del mio cognome ed è nato il mio nome d’arte».

Qual è il motivo che ti ha spinto a fare musica? Qual è il tuo primo ricordo da piccolo?

«Per me è una dichiarazione d’amore, mi piace pensare che con la mia musica la gente possa sentirsi meno sola. Il primo ricordo che mi lega alla musica è quando la ascoltavo in giro, in macchina con mia madre, non sapevo ancora che poi mi avrebbe catturato, ma è un ricordo per me indelebile. Ho cominciato a scrivere a tredici, quattordici anni, ma non ho mai fatto un passo avanti, a vent’anni mi sono lanciato in questa avventura cominciando a farmi ascoltare dai miei amici che poi pian piano sono diventati il mio zoccolo duro.

Per descrivere questo mio ricordo ti dico che all’interno del mio album c’è un brano che si intitola “La descrizione di un attimo”, è un ricordo bellissimo legato alla mia infanzia, volevo riportare questa canzone dei Tiromancino che cantavo da bambino insieme a mia madre in macchina, ci ho messo un po’ del mio dentro e il risultato mi è piaciuto sin da subito».

Il disco si intitola “Panic room”, cosa rappresenta per te quello spazio e qual è per te la tua panic room?

«La mia panic room è la musica, la scrittura che nonostante tutto continuano a proteggermi dalle varie “minacce” che la vita ci presenta. Mi piace molto l’idea di racchiudere dentro un disco tutte le mie più grandi paure, i miei dubbi e i miei stati d’animo più profondi. Nel disco affronto tanti temi e insieme a Etrusko, che con me ha curato nei minimi dettagli il progetto per il lato artistico, abbiamo sperimentato molte sonorità».

C’è in questo lavoro un brano a cui tieni particolarmente?

«Potrei dire che tengo a tutti i brani, ciascuno di loro rappresenta qualcosa, è un lavoro che ha una sua complessità. Forse la canzone a cui tengo maggiormente è ‘Panic Room’, in questo brano affronto un tema forte per me, la malinconia, impersonificata da una donna pronta a togliermi tutto che pian piano riesco ad allontanare».

Parliamo un po’ delle altre canzoni, il disco è composto in tutto da otto tracce, la prima è, come fosse una vera presentazione, “Cosa sono?”.

«Con ‘Intro/Cosa sono?’ racconto la mia irrefrenabile voglia di libertà e la voglia di darmi un futuro diverso. A galla, invece, è una fotografia di serate con amici, momenti felici e good vibes generali che ho vissuto in compagnia delle persone a cui tengo di più. La quarta traccia è Contromano, la traccia più pop, spontanea e accattivante del disco, una quasi lettera che ho scritto ad una donna che a suo modo continuo a portare dentro di me».

Vedo che oltre a cantautore, sei stato anche interprete, hai inciso due brani firmati da Amelia.

«Sì, le tracce a cui fai riferimento sono ‘Ego’ e ‘Catene’, una vera e propria denuncia sociale, due canzoni che sento mie al 100% nonostante dietro ci sia la mano e la delicatissima penna di Lorenzo Di Pasquale (in arte Amelia) che mi ha aiutato a buttare giù il testo di entrambe ed è riuscito a scavarmi dentro».

Un album quindi ricco di collaborazioni, chiudi tutto il lavoro con un duetto…

«Sì, il disco si conclude con ‘Quante volte’, una canzone che ho dedicato a una persona che non fa più parte della mia vita da un po’ di anni ormai, il brano, impreziosito dalla prorompente voce di Tekla è un botta e risposta tra due parti che si sono allontanate con il tempo e la sintonia che si crea nella canzone è magica. Ho scelto Francesca per questo brano perché sapevamo che poteva dare un qualcosa in più ad una canzone che in fase di realizzazione aveva già detto tanto, quando mi è arrivata la sua strofa ero felicissimo della scelta e sapevo di aver affidato un brano per me speciale nelle mani giuste».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.