Tutte le pagelle alle esibizioni dei 29 artisti in gara
Indice dei contenuti
- 1 GAIA – Chiamo io, chiami tu
- 2 FRANCESCO GABBANI – Viva la vita
- 3 RKOMI – Il ritmo delle cose
- 4 NOEMI – Se t’innamori muori
- 5 IRAMA – Lentamente
- 6 COMA_COSE – Cuoricini
- 7 SIMONE CRISTICCHI – Quando sarai piccola
- 8 MARCELLA BELLA – Pelle diamante
- 9 ACHILLE LAURO – Incoscienti giovani
- 10 GIORGIA – La cura per me
- 11 WILLIE PEYOTE – Grazie ma no grazie
- 12 ROSE VILLAIN – Fuorilegge
- 13 OLLY – Balorda nostalgia
- 14 ELODIE – Dimenticarsi alle 7
- 15 SHABLO feat. GUE’, JOSHUA, TORMENTO – La mia parola
- 16 MASSIMO RANIERI – Tra le mani un cuore
- 17 TONY EFFE – Damme ‘na mano
- 18 SERENA BRANCALE – Anema e core
- 19 BRUNORI SAS – L’albero delle noci
- 20 MODA’ – Non ti dimentico
- 21 CLARA – Febbre
- 22 LUCIO CORSI – Volevo essere un duro
- 23 FEDEZ – Battito
- 24 BRESH – La tana del granchio
- 25 SARAH TOSCANO – Amarcord
- 26 JOAN THIELE – Eco
- 27 ROCCO HUNT – Mille vote ancora
- 28 FRANCESCA MICHIELIN – Fango in paradiso
- 29 THE KOLORS – Tu con chi fai l’amore
GAIA – Chiamo io, chiami tu
La reginetta dell’ultima estate porta all’Ariston la sua nuova versione di sè. Ritmi latini che sposano la sua anima sudamericana in alcuni fraseggi melodici. In radio funzionerà, all’Ariston farà muovere ma non può gareggiare per i posti di prestigio della classifica. Banalità testuale e prevedibilità compositiva sono gli elementi obbligatori (e sicuri) per funzionare nel mercato d’oggi. I ballerini aiutano a creare l’effetto show a cui, chiaramente, Gaia ambisce. VOTO: 6-
FRANCESCO GABBANI – Viva la vita
E’ un Gabbani melodico quello che torna al Festival a qualche anno di distanza da quando aveva già abbandonato la veste del tormentone-man degli esordi. Oltre alla dimensione melodica, però, Gabbani mette nel calderone anche un po’ di frasi fatte attorno alla vita, al suo senso e alla sua preziosità. Convince meno che in altre occasioni pur avendo dalla sua sempre una penna riconoscibile ed un cantato personale. VOTO: 6
RKOMI – Il ritmo delle cose
Seconda apparizione all’Ariston per un Rkomi non più sulla cresta dell’onda come qualche anno fa ma comunque di un certo richiamo. Dopo qualche anno di pausa Rkomi si mostra più soffuso e nebbioso di quanto sia mai stato in passato. Il ritmo si apre per l’inciso che punta alle radio pur non esagerando con il beat ma preferendo il gioco di parole. Crescerà, forse, con gli ascolti ma da lui ci si aspettava più energia e potenza per ritrovare i suoi grandi successi. VOTO: 4.5
NOEMI – Se t’innamori muori
E’ già una regina del Festival pur essendo ancora tra le voci più giovani di questo Festival. La partenza di un pezzo importante scrittole da Mahmood e Blanco è con il pianoforte e la sua voce ruvida che cresce e mette da subito in evidenza il suo graffio. Sembra un pezzo sanremese in tutta la sua costruzione, poi, cresce, cresce, cresce e diventa già un classico. Una canzone all’altezza della sua voce senza sotterfugi di modernità. Finalmente. VOTO: 8
IRAMA – Lentamente
Irama è ormai un habitué del Festival e, la cosa che maggiormente lo penalizza è il fatto è che tutte le volte ci torna con una canzone che assomiglia terribilmente tanto a quella precedente. In questo caso si fa firmare da Blanco ma, in realtà, si avverte poco il suo zampino e rimane forte la sensazione che Irama con la sua dose interpretativa finisca per dominare tutto. Spiace, poi, che l’effetto vocale sia così preminente nella resa finale a livello sonoro. Se ne poteva fare a meno puntando su qualcosa di più viscerale. Manca l’agguanto finale. VOTO: 6.5
COMA_COSE – Cuoricini
Pezzo subito in up con la chitarra che accompagna la voce di Francesca con il basso che detta la linea. I due giocano tra loro con coreografie che profumano già di TikTok e che, forse, anche per questo funzionerà al di fuori dell’Ariston. La canzone ha dalla sua un ritornello che si fa ricordare con una certa facilità ma, rispetto alle ultime apparizione discografiche del duo, suona come un passo indietro. VOTO: 6
SIMONE CRISTICCHI – Quando sarai piccola
Il poeta dell’edizione porta al Festival il tema dell’Alzheimer e dei genitori che diventano figli dei loro figli. L’intensità è sicuramente parte fondamentale della sua esibizione grazie un testo come quelli che, ahimè, non si sentono da tanto, troppo tempo. Anche a Sanremo. La sua poesia è inarrivabile e anche il rischio di una non-canzone sprovvista di una possibilità di cantarla viene ad essere annullato quando, nel finale, cresce e si fa condivisibile anche musicalmente. L’Ariston è in piedi ed omaggia una canzone eterea. VOTO: 9
MARCELLA BELLA – Pelle diamante
Aspettava da lungo tempo il suo ritorno al Festival Marcella Bella e lo concretizza con un pezzo che racconta il suo essere ‘forte, tosta e indipendente’. Si gioca anche il jolly della parolaccia ma il pezzo non funziona oltre i 3 minuti dell’esibizione. A Marcella deve essere piaciuta la ‘Pazza’ di Loredana Bertè dello scorso anno ma il risultato è di gran lunga differente. Peccato. Orecchiabile ma non basta. VOTO: 4
ACHILLE LAURO – Incoscienti giovani
Lauro vuole fare pace con il Festival rinunciando ad ogni eccesso, ad ogni costume appariscente, ad ogni cantato sregolato. Ne guadagna in teatralità e in tradizionalità. Spalanca le braccia sul finale ed è proprio il finale che salva una canzone che, candidata alla vittoria, risulta, forse, troppo orchestrale, troppo composta, troppo classica per convincere davvero. Crescerà con gli ascolti sperando che il sax basti a smuovere la situazione. VOTO: 7
GIORGIA – La cura per me
Non era andata bene l’ultima apparizione all’Ariston per Sua Maestà Giorgia. E la Todrani è la prima a saperlo. Per questo, essenzialmente, è qui nuovamente portando con sè una di quelle canzoni che possono ambire a rappresentarne la voce anche se non ad esprimermene il massimo potenziale. E, forse, solo perchè la romana vuole inderogabilmente sposare un gusto contemporaneo del cantato e dello scrivere che difficilmente si coniuga al valore di una grande voce come la sua. Le aperture, però, stavolta ci sono e la sua voce si alza libera. Lo special finale guarda all’oggi, poi la coda finale lascia, finalmente, spazio alla sua voce. E che voce. Habemus vincitrice (salvo colpi di scena e lottando, tanto, con il televoto). VOTO: 9+
WILLIE PEYOTE – Grazie ma no grazie
Il rap di Willie Peyote è sempre intelligente, perspicace ed attualmente calato. Il torinese gioca con l’orchestra ed i cori per creare un effetto-tormentone che c’è ma che rimane ancorato ad un testo che non può essere tra i più immediati e scontati. Volutamente. E questo, per Willie è tutt’altro che un limite ma, piuttosto, un pregio di coerenza con il proprio percorso. VOTO: 6+
ROSE VILLAIN – Fuorilegge
Non è ‘Click boom!’ e questo è un dato di fatto incontrovertibile. Lei è molto più matura, a proprio agio sul palcoscenico e padrona di un cantato più di spessore rispetto ad un anno fa. La canzone non decolla del tutto forse a causa di un inciso non del tutto all’altezza di strofe che crescono arrivando fino al punto giusto senza però esplodere mai davvero. Un passo indietro rispetto allo scorso anno. VOTO: 6+
OLLY – Balorda nostalgia
Il reuccio del pop dell’ultimo anno torna al Festival come una grande certezza delle classifiche dopo essere stato uno sconosciuto giovane appena due anni fa. La sua è una vera canzone d’amore pop, una di quelle che si cantano con facilità a tutto fiato senza anche conoscerne le parole. Le radio sono già dalla sua come anche il favore del pubblico (e non solo quello giovanile). Attenzione perchè Olly punta alle posizioni che contano. VOTO: 7/8
ELODIE – Dimenticarsi alle 7
Sempre più sensuale ed iconica nella sua classe e nel suo portamento, Elodie torna a Sanremo per riavvicinarsi ad un cantato più classico e vicino ai suoi esordi piuttosto che ai tormentoni presentati in occasione delle ultime apparizioni. Meno effetti speciali, meno attenzione all’immagine provocante ma molta più voglia di esplorare la propria vocalità in coniugazione ad un beat da house. C’è da capire se il pubblico che l’ha seguita per i tormentoni vorrà seguirla in questa sua evoluzione. VOTO: 7
SHABLO feat. GUE’, JOSHUA, TORMENTO – La mia parola
Omaggio alla musica soul di radice black music per il producer della scena giovane d’oggi che si dota della fama di Guè e delle voci di Tormento e Joshua che sanno come si porta avanti un cantato motown. Non è il rap che ci si sarebbe immaginati (incautamente) da Guè ma i due soci portano della qualità di primo livello che risulta davvero fedele alle intenzioni soul. VOTO: 7-
MASSIMO RANIERI – Tra le mani un cuore
Tra Nek e Ferro, la gara sul versante autorale la vince indubbiamente il Tiziano nazionale che risuona nettamente più preponderante del secondo per quanto riguarda il marchio impresso al brano. Ranieri, dalla sua, ci mette tutta la teatralità di cui è capace sollevando, probabilmente, una canzone che non avrebbe meritato eccessive attenzioni. Anche in questo caso, lo special risolleva le sorti del brano che rimane, però, troppo pop nelle intenzioni autorali ma troppo teatrale nell’interpretazione. Cortocircuito. VOTO: 6
TONY EFFE – Damme ‘na mano
Rinuncia ai tatuaggi e al cantato trap il romano Tony Effe per portare in scena quello che un tempo sarebbe stato definito uno stornello di piazza e che oggi difficilmente potrà essere riconosciuto come coerente dal pubblico che ha sin qui seguito il suo percorso. L’idea, probabilmente, è quello di conquistare il mainstream facendo affidamento sulla fiducia del suo zoccolo duro di fan. Vedremo come andrà ma la canzone non c’è. VOTO: 3
SERENA BRANCALE – Anema e core
Serena Brancale è qui per conquistare con la sua leggerezza che, però, ha alla base tanto studio e tanta qualità. Il suo cantato, precisissimo e puntuale, ha le radici sul jazz e sulla tradizione mediterranea di un suono corposo, viscerale e terreno. Conquisterà, esibizione dopo esibizione, il pubblico dell’Ariston e il pubblico a casa grazie alla sua energia e alla positività di una canzone che entrerà facilmente in testa. VOTO: 6/7
BRUNORI SAS – L’albero delle noci
Abbiamo atteso per anni il debutto festivaliero di Brunori Sas sperando di vedergli portare in gara una di quelle canzoni grandi che il suo repertorio possiede. L’occasione arriva grazie alla paternità che il cantautore calabrese canta senza troppe metafore con un testo esplicito, diretto e sincero. Il punto forte della sua proposta sta nell’apertura degli incisi che, come da tradizione, si colorano di suoni, voci e un cantato corale. Fedele a sè stesso, al suo scrivere e al suo sentire anche senza raggiungere gli apici di cui è stato capace. Ha, però, dei tratti di poesia che lo rendono riconoscibile ed apprezzabile anche questa volta. VOTO: 7.5
MODA’ – Non ti dimentico
I Modà tornano a cantare d’amore a Sanremo dopo diversi anni dall’ultima volta. Lo fanno con una canzone tipicamente ‘alla Modà’ e, forse, proprio per questo funzionano risultando tradizionalmente sè stessi. I fan che hanno già riempito San Siro per la prossima estate la canteranno a tutto fiato amandola e sentendola affine a tanti altri brani che hanno fatto propri finora. Difficilmente conquisterà, invece, chi non ha mai seguito Francesco Silvestre e soci. Il pubblico acclama perchè, oggettivamente, sono tra le poche proposte che sanno di pop sapendolo davvero fare. VOTO: 6.5
CLARA – Febbre
Canta le parole di Madame la giovane Clara che vuole continuare a costruirsi l’immagine di una popstar contemporanea capace di giocare con la propria immagine oltre che con le proprie note. In realtà il marchio della sua autrice appare piuttosto mitigato dall’attitudine interpretativa di Clara e dalla composizione del duo Abbate-Faini. In realtà la proposta appare piuttosto sovrapponibile con quella dello scorso anno. VOTO: 6-
LUCIO CORSI – Volevo essere un duro
Lucio Corsi porta il suo essere più profondo sul palco del Teatro Ariston che, probabilmente, non è il palco più adatto ad accogliere un cantautorato così di nicchia e sofisticato. Il suo brano suona come quello di un vero e proprio menestrello d’altri tempi. Lui è un autentico cantastorie che crede in ciò che dice e in ciò che canta. Coraggioso a lanciarsi di fronte ad un grande pubblico con questo grado di personalità. VOTO: 5
FEDEZ – Battito
Il personaggio che ha monopolizzato il pre-Festival da un punto di vista mediatico, porta sul palco il suo rapporto con la depressione sotto forma di un amore finito per una donna. Amore e dolore si fondano e si mischiano senza soluzione dando a Fedez l’occasione di cantare un rap che si unisce a pop, rock e punk. Il pezzo c’è e suona deciso, tagliente e sofferto. VOTO: 7+
BRESH – La tana del granchio
Il cantautore genovese arriva finalmente a Sanremo dopo almeno due chiacchieratissime esclusioni degli scorsi anni. Non ha dalla sua, però, la canzone della vita rispetto a tanti successi che ha pubblicato finora. Il pezzo, però, è piacevole e si lascia ascoltare nel suo spirito pop autentico che, rispetto alle imitazioni offerte da tanti altri in gara, suona davvero sincero e reale. VOTO: 6.5
SARAH TOSCANO – Amarcord
La vincitrice di Amici di Maria de Filippi in carica arriva (come da tradizione oramai) all’Ariston per trovare la sua vera identità musicale. L’obiettivo è quello di guardare ad un pop fresco che sappia funzionare in radio mantenendosi saldamente fedele ad una tradizione melodica nella composizione e, contemporaneamente, sappia risultare attuale con la scelta vocale pulita e neutra. Sarah canta bene ma le manca ancora quella dose di personalità che la possa rendere riconoscibile e memorabile nel corso del tempo. VOTO: 4
JOAN THIELE – Eco
Ha tanta qualità alle spalle il percorso (di nicchia, almeno finora) di Joan Thiele. Alla sua prima vera occasione mainstream la cantautrice mette in mostra la sua voce riconoscibile grazie ad una timbrica morsa, manieristica e, per certi versi, fanciullesca. Lei canta con tranquillità una canzone che non sarà facile farsi ricordare ma che la rappresenta e che crescerà se si avrà la pazienza di concederle qualche ascolto più attento e fresco. VOTO: 6.5
ROCCO HUNT – Mille vote ancora
Rocco Hunt a Sanremo parla sempre e solo della sua terra quasi come fosse un patto non scritto. Anche questa volta lo fa mischiando italiano e napoletano su di una melodia che risulta più suonata ed armonica rispetto al passato ma che, anche con questo elemento di novità, non si discosta troppo dall’aspettativa che si aveva su di lui e sulla sua proposta. Essere prevedibile non è sempre un bene, però. VOTO: 3.5
FRANCESCA MICHIELIN – Fango in paradiso
Canta d’amore Francesca e per lei, in un certo senso, suona come una vera e autentica novità. Lo è soprattutto trattandosi di un amore doloroso, soffocato e prossimo alla fine. Il suo cantato si fa, inaspettatamente, melodico e tradizionalista su di un’orchestrazione perfettamente in linea con l’ambito sanremese ma poco con la sua produzione più abituale. La canzone pecca di un ritornello poco incisivo e memorabile. Crescerà, però, con gli ascolti perchè ha dalla sua l’animo pop che in terra sanremese è sempre un plus. VOTO: 7-
THE KOLORS – Tu con chi fai l’amore
I The Kolors si fanno scrivere da Calcutta una canzone che non si discosta, in realtà, troppo dal loro paradigma. Stash e soci cercano l’ennesimo nuovo tormentone non impegnandosi troppo sul tema dell’originalità, della ricerca musicale e dell’innovazione personale ed artistica. La scelta è legittima ma fa pagare alla canzone il prezzo di una prevedibilità che, in una posizione di scaletta che non aiuta, non è certo il miglior elemento per cui spiccare sulla massa. E, infatti, non spiccano. VOTO: 5.5
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