autori Sanremo 2025

Sanremo 2025, c’è una lobby di autori? 7 nomi firmano 19 canzoni su 30

Analizziamo gli autori in concorso al prossimo Festival di Sanremo, con due terzi delle canzoni firmate da una ristrettissima cerchia

Sono stati resi noti gli autori che firmano le canzoni in gara al prossimo Festival di Sanremo (qui) e le notizie da sottolineare con una particolare attenzione sono due. Innanzitutto, gli artisti che scrivono in solitaria testo e musica della propria canzone: solo due, Brunori Sas e Francesco ‘Kekko’ Silvestre, frontman dei Modà, a dimostrazione di un concorso sempre più lontano dal cantautorato più viscerale, puro e sincero.

Il focus è, però, da mettere su un modus operandi che ormai ogni anno siamo abituati a vedere in Riviera: ben diciannove canzoni su trenta sono scritte da un ristrettissimo gruppo di autori, in un Festival che rischia, così, di essere esattamente come quello dell’anno scorso, quando gli autori di cui parleremo oggi ne firmavano già dodici su trenta. Tante proposte perfettamente sovrapponibili tra di loro, che suonano tutte uguali e che parlano delle stesse cose e nello stesso modo, causando un generale appiattimento della proposta festivaliera. Ma vediamo i numeri.

Il 66,6% delle canzoni in gara sono scritte da un giro di soli 7 autori

Lo scettro di autrice più presente lo conquista Federica Abbate, che firma addirittura sette brani (Clara, Emis Killa, Fedez, Joan Thiele, Rose Villain, Sarah Toscano, Serena Brancale e Shablo con Guè, Joshua e Tormento) stabilendo il nuovo record di proposte in gara firmate da uno stesso autore. Segue Davide Simonetta con cinque (Achille Lauro, Elodie, Francesca Michielin, Francesco Gabbani e Rocco Hunt), mentre sul gradino più basso del podio si stabiliscono, a pari merito con quattro canzoni ciascuno, Davide Petrella (Elodie, Gaia, The Kolors e Tony Effe) e Jacopo Ettorre (Clara, Rkomi, Sarah Toscano e Serena Brancale).

Si fermano, invece, a tre Jacopo Lazzarin (Emis Killa, Rose Villain, Serena Brancale), Stefano Tognini (Gaia, Rocco Hunt, The Kolors) e Michelangelo (Giorgia, Irama e Noemi). Quest’ultimo ha firmato tutti i brani in coppia con il socio Blanco, che escludiamo però dal discorso trattandosi di un’assoluta novità festivaliera dal punto di vista autorale. Il conto è, quindi, subito fatto: c’è il giro dei soliti sette autori a firmare ben diciannove dei trenta brani in gara, quindi il 66,6% dell’intero cast.

Da notare, inoltre, che anche i nomi ad aver ottenuto con maggior sorpresa il pass per l’Ariston (su tutti quelli di Serena Brancale e Joan Thiele) hanno già alle spalle Federica Abbate e Jacopo Ettorre e, quindi, ad emergere è la sensazione che anche gli artisti più giovani, o con meno possibilità di partecipare al Festival, debbano prima appoggiarsi ad almeno uno degli autori del momento per avere qualche speranza. Un meccanismo molto simile a quello di una lobby, cioè un gruppo di persone in grado di influenzare, a proprio vantaggio, l’attività del legislatore, che in questo caso è il direttore artistico.

La descrizione del meccanismo fatta da Marracash

Il meccanismo è, infatti, ormai chiaro e ne ha parlato recentemente anche Marracash, prima ironizzandone in “Power slap“, una delle tracce contenute nel suo ultimo album “È finita la pace” (“Stessi producer e stesse guest, stessi argomenti e le stesse reference. Va bene così perché fanno tutti i platini, premiati in tv, tutti bravi su Esse Magazine. Carriati dai feat, fitti fitti, stessi nomi, carriati dai rit scritti dagli stessi autori. E ogni anno si abbassa l’asticella, provo a farci il limbo con la testa, tocco terra. Ti ricordo, bimbo, chi saresti con ‘sta sberla, senza Sanremo, senza l’estivo, senza Petrella“) e poi parlandone più approfonditamente in un’intervista rilasciata su Say Waaad?, trasmissione radiofonica in onda su Radio Deejay.

Il rapper ha raccontato che “la musica può essere anche un lavoro di squadra ma, una volta, era una collaborazione tra autore e interprete, era più personalizzata. Oggi è diventata una catena di montaggio: gli autori si incontrano, fanno delle canzoni e poi le piazzano ai cantanti. Non stiamo parlando di Mogol che scrive con Battisti, è molto diverso: sta diventando una roba tipo le azioni in borsa. Il ragionamento è: ho questo pezzo che è fortissimo, diamolo a questi artisti in ascesa e facciamo questa combo che può funzionare. E in questi abbinamenti, ovviamente, conta tantissimo l’algoritmo“.

Carlo Conti nega ogni influenza ma diventa difficile credergli

Un meccanismo governato, quindi, da logiche più commerciali ed economiche che musicali. A sollevare la questione, sono stati anche alcuni giornalisti che, durante i preascolti delle canzoni sanremesi avvenuti lunedì al Teatro delle Vittorie, hanno provato a parlarne direttamente al direttore artistico Carlo Conti, che ha negato ogni influenza: “Non ho scelto i brani guardando chi li avesse scritti, ma solo ascoltandoli. Solo ora, leggendo la lista, mi sono reso conto di questa concentrazione. Credo che sia una dimostrazione del fermento creativo che coinvolge sia autori che produttori, spesso pronti a collaborare o a scambiarsi le canzoni“.

Diventa però difficile credergli perché la musica italiana è veramente ricca di tantissimi bravi autori e cantautori ed è francamente impossibile pensare che ogni anno, su 400-500 canzoni ascoltate, ogni direttore artistico consideri come maggiormente meritevoli sempre quelle firmate dal solito giro di autori che, ormai da parecchi anni, occupa già quasi tutte le prime posizioni delle classifiche, senza provare a proporre una più vasta alternanza autorale e un ricircolo che potrebbero portare più soluzioni e varietà musicale.

Il ruolo di Universal Music Publishing rivelato da Michele Monina a Striscia la Notizia

La notizia è stata ripresa ieri anche da Striscia la Notizia, con l’intervento del critico musicale Michele Monina che ha aggiunto un altro particolare da attenzionare. Cinque di questi sette autori di cui abbiamo parlato (Federica Abbate, Davide Petrella, Jacopo Ettorre, Stefano Tognini e Jacopo Lazzarin) fanno tutti capo a Universal Music Publishing, società di editoria musicale che fa parte dell’etichetta discografica Universal, con la major quindi pronta a banchettare anche dal punto di vista autorale, piazzando da editore ben quattordici brani su trenta.

Solo due su trenta gli artisti completamente indipendenti in gara quest’anno

È inevitabile, quindi, chiudere questo articolo con le case discografiche coinvolte nel prossimo Festival di Sanremo. Ben ventotto artisti su trenta sono legati alle major, che si dividono in maniera abbastanza equa le quote (al primo posto Warner con dodici artisti, al secondo Sony con nove, mentre si ferma a sette Universal che però, come abbiamo visto, recupera abbondantemente dal punto di vista autorale).

Alcuni nomi come Lucio Corsi, Serena Brancale e Simone Cristicchi sono sì prodotti da etichette indipendenti, ma si appoggiano comunque a una major per la distribuzione, e quindi di totalmente indipendenti ne rimangono appena due su trenta: Francesco Gabbani e Marcella Bella. Un numero che, unito al discorso degli autori, è lì a dirci come ormai il Festival di Sanremo sia solo per una ristrettissima èlite.

Classe '92, il sogno della scrittura l'ho lasciato per troppo tempo chiuso in un cassetto definitivamente riaperto grazie a Kekko dei Modà, il primo artista ad essersi accorto di me e a convincermi che questa è la strada che devo percorrere. Per descrivere il mio modo di raccontare la musica utilizzo le parole che mi ha detto una giovane cantautrice, Joey Noir: "Grazie per aver acceso la luce su di me quando si sono spenti i riflettori". Non faccio distinzioni tra la musica che è sotto i riflettori e quella che invece non lo è, perchè l'unica vera differenza dovrebbe essere tra musica fatta bene e musica fatta male.