Plebbo presenta ‘America‘, il nuovo singolo è disponibile sui digital store e in rotazione radiofonica
‘America‘ è il nuovo singolo di Plebbo, artista romano, classe 2003, che si avvicina alla musica dopo una lunga esperienza nel mondo del tennis, sport negli ultimi anni molto osannato grazie ai successi di Berrettini e di Sinner. Il nuovo singolo di Flebbo, dal titolo simbolico ‘America‘ parla dell’esperienza di un italiano che lascia la propria terra per emigrare oltreoceano, intrecciando emozioni, speranze e paure in un racconto universale. Il brano è ricco di atmosfere evocative, il titolo ‘America‘ è il simbolo di una meta lontana, una scelta audace e allo stesso tempo un qualcosa che possiamo diventare. Sento Plebbo al telefono per farmi raccontare com’è nato questo nuovo brano e com’è stato il suo “set” finora nel mondo della musica.
Ciao Plebbo, come stai? Possiamo dire che questo brano è un invito ad andare oltre?
«Ciao Antonino, tutto bene, diciamo che questo brano parla di un viaggio verso l’ignoto quando cerchiamo qualcosa di meglio, è una classica storia di un uomo del ‘900 che parte per l’America alla ricerca di nuove opportunità di lavoro e di vita. È un brano di cui vado molto fiero e trovo che abbia una fortissima personalità. Nella scrittura e nella produzione ho cercato di evocare un senso di scoperta con l’arrivo di ogni segmento del brano».
Vieni dal mondo del tennis, sport ultimamente molto seguito anche grazie al lavoro di campioni come Berrettini e Sinner. Com’è stato il tuo approccio col mondo della musica?
«In realtà è stato graduale, fino al 2021 facevo il tennista, mi allenavo dalle 6 alle 8 ore al giorno, era qualcosa che mi prendeva molto tempo, alla fine di quell’anno ho avuto dei dubbi se continuare o no, ci credevo meno quindi ho smesso nell’estate del 2022. Da lì ho cominciato ad ascoltare musica, mi sono avvicinato alla musica da ascoltatore, non ho mai amato la musica che ascoltano i miei coetanei, forse è per questo che non mi ha preso prima, ho scoperto musica dagli anni ’60 ad oggi. Ho cominciato come hobby a cantare e a suonare chitarra e pianoforte. Quello col mondo della musica è stato un innesto graduale, lasciato il tennis, non avevo una passione nella vita che mi guidasse, da qual momento ho capito che la musica poteva esserlo».
Mi viene in mente ci possa essere una qualche corrispondenza fra la racchetta e la chitarra…
«Effettivamente prima c’era la cosa di incordare la racchetta, oggi devo accordare la chitarra. Ti confermo che c’è una corrispondenza, vivo questo percorso musicale come fosse una prosecuzione del tennis, lo sport mi ha aiutato a capire il sacrificio per l’allenamento, un apprendimento costante, non devi mollare mai, il tennis mi ha aiutato ad acquisire consapevolezza».
Cosa vuoi comunicare a chi ti ascolta?
«Mi piace parafrasare delle parole di Jeff Buckley: la musica plasma il suono per trasmettere emozioni e usa le parole come veicolo per comunicare contenuti. A me piace l’idea che arrivino delle immagini».
Quali sono le tue aspirazioni?
«Intanto ti dico subito che ho bisogno di stare solo, non mi piace l’idea di un concetto prestabilito, non mi piace l’idea del prodotto, quindi può capitare che ci sia quella volta in cui fai un giro di chitarra che evoca qualcosa, che crea nella mia testa delle immagini come fosse un dipinto».
C’è un brano della discografia italiana o internazionale che avresti voluto scrivere?
«Sicuramente ci sono dei brani che amo moltissimo, te ne dico due: ‘Comfortably Numb’ dei Pink Floyd, il suono più figo che abbia mai sentito, ti cattura. Ho ascoltato molta musica, sono finito in un circolo che era sempre quello, facevo fatica ad andare avanti finché non ho scoperto, e questa è la seconda: ‘Lover, you should’ve come over’ di Jeff Buckley’, è un brano che mi ha fatto scoprire un nuovo mondo».
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