Marcello Romeo

Marcello Romeo: «”Un’estate fa” annulla il tempo, ti porta in viaggio ovunque» – INTERVISTA

Marcello Romeo pubblica la cover “Un’estate fa

Un’estate fa, l’estate di un musicista, Marcello Romeo, che in quegli anni e a vent’anni, ha suonato con i grandi della musica italiana. Dopo una carriera dedicata alla medicina Marcello torna alla musica incidendo una sua versione del brano lanciato in Italia nel 1972 da Franco Califano: Un’estate fa.

Marcello è un artista che oggi porta nei maggiori teatri italiani, la musica di quegli anni, la musica di quei grandi autori che hanno intrecciato la loro carriera con la sua città: Bologna. Mi racconta che, prima di laurearsi in medicina e intraprendere un percorso lavorativo dedito all’informazione scientifica, ha suonato coi più grandi della musica italiana.

Marcello Romeo è un cantautore, un signore della musica, che predilige i piccoli teatri e la musica che può ancora essere sussurrata, suonata senza sopraffare il testo che deve poter parlare al cuore. Nato in Libia ma cresciuto artisticamente a Bologna, con la musica come compagna di viaggio, ha maturato diverse conoscenze artistiche del mondo dello spettacolo, da Dalla, Bennato, Tozzi, a Califano che ha avuto il privilegio di accompagnare al pianoforte nelle serate nei night club. Dal 2013, la musica è tornata ad essere la sua priorità e il teatro, la sua casa.

Ciao Marcello, ‘Un’estate fa’, un pezzo moderno che non era possibile rendere ancora più moderno. Come è nata l’idea di incidere questa cover?

«Questa cover mi è entrata nel cuore facendo il repertorio di Califano. Quando mi sono reso conto come questo brano portato al successo da Mina, fosse una di quelle melodie intramontabili, che rimarranno per sempre nella storia della musica. A rendere irrinunciabile e speciale questo brano, Roberto Costa che ha suonato trent’anni con Dalla e che lo aveva mixato ai tempi, oggi ne ha curato l’arrangiamento, ha dato vita a un “disegno” quasi magico con uno stesso un filo rosso ad unirne le due versioni e come se non bastasse, ha scattato lui la fotografia che è diventata la cover!».

È interessante il fatto che questa canzone, nota in Italia con la voce di Califano e poi di Mina, sia diventata un duetto.

«Sì, l’idea nasce dal fatto che Nya è la corista della nostra band, abbiamo uno spettacolo che dura due ore e mezzo, giriamo i teatri più prestigiosi d’Italia, in autunno dovremmo essere al Blue Note di Milano. Tornando alla nostra cover, la voce di Nya è meravigliosa, con la sua interpretazione, sottolinea e mette in risalto ogni sfumatura. Daniele Bruno storico tastierista di Luca Carboni, Filippo Lambertucci batterista di Patty Pravo e alle chitarre Max Ghisle.

Lavorare a questo brano è stato molto emozionante, perché ti rimane addosso, col suo groove, la sua atmosfera. Rimane in testa e nel cuore, annullando il tempo portandoti in viaggio ovunque, nei ricordi. Realizzarlo con i miei “friends”, i musicisti che mi accompagnano sempre, ha creato l’atmosfera perfetta che ‘Un’estate fa’, rievoca. Nel video ho voluto ricreare proprio questa magia di una sera di festa a casa mia con gli amici, l’allegria e la complicità che la musica sa regalare».

Com’è stato incontrare questi grandi? Qual è secondo te la loro eredità?

«Un’eredità incommensurabile. Qualcosa c’è che mi può piacere: se guardi ad oggi io mi sono fermato a Eminem, tutto il resto è una copia, sono operazioni di marketing, la musica si trova altrove, nei teatri che giriamo, non hai idea dei numeri che facciamo portando in giro la musica dei grandi artisti. La nostra non è e non vuole essere un’operazione nostalgica, ma un racconto della musica d’autore italiana. All’interno del nostro repertorio ci sono anche cose nostre, che inevitabilmente riportano, per scrittura o per arrangiamento a quegli anni, mi piace scrivere “alla maniera di”. Appena chiudiamo la telefonata ti mando “Smeraldo e catrame”, una mia canzone più simile a Dalla, che avevo scritto per lui, ma che non ha potuto cantare. Ma ce ne sono altre, ti giro anche “Grammatica del cuore” sempre in stile Stadio/Dalla, è inserita all’interno del mio spettacolo “Canzoni di notte”».

Leggo che nella tua vita ti sei occupato di musica e medicina, qual è il ponte fra questi due mondi?

«Intanto ti dico che molti medici si dedicano alla musica, non necessariamente a livello professionale, anche per puro divertimento, la musica è terapeutica. Come ti dicevo, dopo avere fatto anni nel mondo della medicina, mi occupavo di comunicazione e marketing, nel 2013, un mio amico, Giovanni Cacioppo, noto cabarettista, sapeva della mia passione per la musica, mi ha invitato a riprendere a suonare e come in un film sono tornati in mente tutti gli accordi, da lì non ho più smesso. La musica evidentemente ce l’ho nel DNA, non so se ti dice niente il nome di Giuseppina Romeo…».

Certo, la grande Giuni Russo, mia concittadina tra l’altro. Pensa che coincidenza! Ne ho parlato poco fa in un’intervista a Silvia Mezzanotte.

«Giuni era cugina di mio padre, i miei genitori erano siciliani, mia madre di Alia, un paesino in provincia di Palermo, nelle Madonie, io sono nato in Libia, ma poi ci siamo trasferiti a Bologna. Di Silvia ho un ricordo stupendo, eravamo ad un concerto della Bencini, ex voce dei Dirotta su Cuba, appena vede che c’è Silvia seduta in prima fila, la chiama e cominciano a cantare assieme sul palco… ci sono artiste meravigliose nel nostro panorama musicale».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.