Annalisa Achille Lauro

Annalisa, perchè non prendere ispirazione dal percorso di crescita di Achille Lauro?

Oggi Annalisa non avrebbe bisogno di “Maschio“, ma di maggior spessore e profondità

No, “Maschio” non è la canzone di cui avrebbe bisogno oggi Annalisa. Dopo tre anni ricchi di hit come “Bellissima“, “Mon amour” e “Sinceramente“, era doveroso aspettarsi una crescita, un salto di qualità, una ritrovata profondità dalla cantante ligure che, invece, la ritroviamo esattamente come l’avevamo lasciata: banalotta, dozzinale, forzatamente ammiccante e senza grandi pretese artistiche. L’unica missione è agganciare, con il tipico ritornello da primi caldi estivi e alcune frasi studiate ad hoc per diventare virali, quella parte di pubblico che muove i maggiori numeri sulle piattaforme, poco esigente e che considera la musica solo come un mero intrattenimento.

Dimensione che gratifica a livello di numeri ma che non aggiunge nulla dal punto di vista artistico

Annalisa vale molto di più delle canzoni che sta proponendo e, infatti, come sono in molti ad amare questa sua veste così sfacciatamente commerciale, in questo caso sono tanti anche i commenti negativi sulle pagine social dell’artista da parte di chi le rimprovera il definitivo abbandono della veste elegante e sofisticata delle origini per sposare un’attitudine facilmente vendibile che non valorizza una vocalità come la sua e che non sembra rispecchiarla fino in fondo.

Com’era prevedibile, collegato a “Maschio” (di cui qui testo, audio e significato) c’è un balletto pensato per TikTok che continua, però, a mostrarla poco spontanea sia nei movimenti che nella forzata, e già vista e rivista, provocazione degli accostamenti religiosi. La sensazione è che oggi Annalisa indossi dei panni che non le appartengono, ma che si fa andare bene perché funzionano e la stanno facendo vendere come mai le era accaduto in passato.

Quella che ci troviamo di fronte è un’Annalisa che sembra incastrata in una dimensione in cui le canzoni sono suppliche per ricevere il consenso facile del pubblico, l’artista non può esistere oltre il recinto della hit costruita a tavolino e la musica deve fare, a tutti i costi, rima con tormentone. Una dimensione che, senz’altro, gratifica a livello di numeri ma che non aggiunge nulla dal punto di vista artistico.

Mancanza di coraggio di abbandonare le sovrastrutture che l’hanno portata sulla cresta dell’onda

Ciò che manca oggi ad Annalisa è il coraggio di abbandonare le sovrastrutture che l’hanno portata sulla cresta dell’onda per fare il definitivo salto anche qualitativo. Quello fatto, ad esempio, da Achille Lauro: anche il suo focus è stato, per alcuni anni, sulle hit di facile presa e sulle provocazioni – comunque intervallate da brani di grande profondità e spessore autorale come “16 marzo” e “C’est la vie” – ma, una volta agganciato definitivamente il grande pubblico, ha scelto di elevarsi artisticamente con “Comuni mortali” (di cui qui la recensione), il disco della sua maturità, ricco di pezzi senza tempo che arrivano al successo non perché studiati a tavolino, ma perché sono, prima di tutto, belle canzoni.

Lauro si presenterà nei festival estivi con “Amor” che, pur lontanissima dall’essere un tormentone, è fissa in Top10 su Spotify e continuerà ad essere protagonista delle classifiche anche nei prossimi mesi, superando tante hit studiate ad hoc (sì, forse anche “Maschio“). Un risultato certamente acuìto dallo status che ha assunto oggi l’artista ed è proprio questo il succo del discorso: Annalisa non ci perderebbe nulla a discostarsi da questa plasticosa scatola del tormentone facilotto, perché il seguito che ha raggiunto oggi le permetterebbe di continuare a fare gli stessi numeri.

Recuperare un po’ di passato per un futuro artistico meno effimero

Ne avrebbe, anzi, solo da guadagnare dalla ricerca di una maggior profondità e di uno stile che non sia schiavo dell’attualità, perchè la musica è ricca di esempi perfetti per dimostrare che non si possono costruire intere carriere sui tormentoni. La hit fa fare cassa ma difficilmente può contribuire a una solidità longeva, perché avvicina un pubblico spesso superficiale, interessato solo alla moda del momento e subito pronto a sostituirla appena ne subentra un’altra.

Annalisa ha, dalla sua, il fatto di aver già dimostrato di poter essere un’artista solida anche proponendo canzoni che non sono figlie di un preciso momento discografico, come “Una finestra tra le stelle“, “Il mondo prima di te“, “Senza riserva” e “L’ultimo addio” e, forse, recuperare un po’ del suo passato può essere la carta giusta per trovare un futuro artistico meno effimero, che le possa dare quella credibilità che oggi l’ascoltatore più esigente fa una gran fatica a riconoscerle. Perché sì, se pubblicasse in estate una canzone in linea con lo stile di “Amor“, ci sorprenderebbe molto di più che con il solito, prevedibile e ripetitivo déjà-vu di “Maschio“.

Classe '92, il sogno della scrittura l'ho lasciato per troppo tempo chiuso in un cassetto definitivamente riaperto grazie a Kekko dei Modà, il primo artista ad essersi accorto di me e a convincermi che questa è la strada che devo percorrere. Per descrivere il mio modo di raccontare la musica utilizzo le parole che mi ha detto una giovane cantautrice, Joey Noir: "Grazie per aver acceso la luce su di me quando si sono spenti i riflettori". Non faccio distinzioni tra la musica che è sotto i riflettori e quella che invece non lo è, perchè l'unica vera differenza dovrebbe essere tra musica fatta bene e musica fatta male.