Recensione di “Amore disperato“, nuovo singolo di Achille Lauro
Quello di Achille Lauro è un percorso atipico. Arrivato al grande pubblico grazie a diverse partecipazioni consecutive al Festival di Sanremo, non ha però mai riservato all’Ariston il meglio del proprio repertorio e questa sensazione si ha anche oggi ascoltando “Amore disperato“, nuovo singolo pubblicato lo scorso 20 settembre, entrato immediatamente tra le migliori proposte pubblicate nella sua carriera.
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Brano che mostra le vere potenzialità cantautorali di Achille Lauro
Un brano che gioca ad armi pari con “C’est la vie” e “16 marzo“, ormai classici del repertorio di Lauro e tra le ballad più belle degli ultimi anni che, se presentate a Sanremo, avrebbero dato un’immagine diversa a un artista che, invece, ha preferito portare nel luogo di massima esposizione per la musica in Italia solo la propria veste più commerciale.
Chiariamo: “Rolls Royce“, “Me ne frego” e “Domenica” sono stati tutti successi e hanno contribuito a costruire il “fenomeno Achille Lauro“, ma sono tutti figli dello stesso mood spensierato, leggero, catchy, diventato col tempo anche ripetitivo, non mostrando così le vere potenzialità cantautorali dell’artista che sono emerse nelle ballad.
L’impressione è che Lauro, o chi per lui, abbia preferito creare il caso, cavalcare la provocazione, puntare più sull’estetica che sulla qualità della proposta musicale e far parlare di sè a tutti i costi, tralasciando la dimensione in cui riesce meglio. Che è quella più intima.
Sguardo ai grandi cantautori del passato nel modo di indagare il sentimento
“Amore disperato” suona come una canzone d’altri tempi, e forse non è un caso la citazione di Francesco De Gregori nella seconda strofa (“Quella canzone, ‘Sempre per sempre’ di De Gregori“). Lauro guarda ai grandi cantautori del passato nel modo di indagare il sentimento con profondità e maturità in un’analisi, sviluppata su atmosfere malinconiche e dolceamare, che mette al centro un legame talmente indissolubile da essere capace di andare oltre l’amore stesso.
Il racconto della fine di un amore diventa, così, occasione per riflettere su quanto basti poco per distruggere un rapporto, ed è emblematico il paragone con il fiore che ci mette “anni per crescere” e “un minuto a calpestarlo“, lasciando un profondo senso di disperazione e inadeguatezza (“Adesso dove vado? Senza ma, senza se, senza te, amore disperato“). Sta alla maturità dei protagonisti saper conservare il bene e non dimenticare cosa si è costruito insieme (“Sempre per sempre, ovunque saremo“).
Richiami al passato evidenti anche nell’arrangiamento e nell’interpretazione
Uno sguardo al passato non solo a livello di tematiche, ma anche nella scelta di un arrangiamento ricchissimo tra pianoforte, archi, violini, chitarre e batterie che scandiscono l’esplosione – anche qui d’altri tempi – tra ritornello e special su cui Lauro sfodera un’interpretazione sicura, matura, sentita e particolarmente sofferta.
“Amore disperato” non è solo una canzone da Festival, è una canzone che il Festival l’avrebbe potuto addirittura vincere e noi ci auguriamo quindi che Lauro, per un suo ipotetico ritorno a Sanremo, abbia ancora nel cassetto una canzone con questa stessa potenza autorale. Perché, altrimenti, sarebbe l’ennesima occasione persa per mostrarsi nella propria veste migliore.
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