Marco Ligabue

Marco Ligabue: «scrivere ‘Le canzoni inglesi’ è stato un modo per avvolgere il nastro della mia vita» – INTERVISTA

Le canzoni inglesi‘ è il nuovo singolo di Marco Ligabue

Le canzoni inglesi‘ è un brano di Marco Ligabue che anticipa il nuovo album di prossima uscita. È un viaggio tra nostalgia, libertà con un inconfondibile sound Brit Pop reso esplicito nel ritornello: «Ascoltavamo le canzoni inglesi, le canzoni di Elton John, mi dicevi amore quanto resti, ti dicevo un altro po’».

Le canzoni inglesi‘ è un omaggio a un genere musicale, è un ponte tra ieri e oggi capace di restituire l’intensità di quei ricordi con la forza evocativa della musica. Libertà e ribellione si intrecciano a una dolce malinconia, quella che accompagna i momenti più belli della vita. Sento Marco per farmi raccontare com’è nato questo suo ultimo brano, qual è il suo modo di fare musica e cosa ha in programma per i prossimi mesi.

Ciao Marco, ho appena ascoltato ‘Le canzoni inglesi‘. Si ha l’impressione di ascoltare un classico già dalla prima nota, una di quelle canzoni che finiscono e hai subito voglia di ascoltare. Com’è nata?

«Scrivere ‘Le canzoni inglesi’ è stato un modo per avvolgere il nastro della mia vita. Ho un ricordo bellissimo di Londra, pensa che sono stato per la prima volta nel 1988, avevo diciotto anni, lì trovai un parco divertimenti a cielo aperto. In particolare Camden Town era un luogo meraviglioso, un cantiere culturale a cielo aperto. In ogni angolo c’erano negozi, mercatini, c’erano cose che in Italia facevi fatica a trovare. Oggi questo quartiere l’ho trovato un po’ cambiato, certamente è più commerciale. Londra invece è sempre in grande fermento, si possono fare incontri straordinari, sono stato lì un paio di giorni per girare il video, pensa che ho incontrato i The Alberts, una band storica anni ’60.

Le canzoni inglesi’ è un omaggio a quel momento, una cartolina da Londra. Un viaggio nel tempo verso un’epoca in cui tutto sembrava possibile: amori che bruciavano in una notte, sogni che avevano il sapore della libertà, serate vissute fino all’ultimo battito. C’è la spensieratezza di un’età che non torna, l’eco delle note di Elton John, il graffio inconfondibile del Brit Pop. Una canzone che sa di nostalgia, di ribellione, di quella vertigine che solo la musica sa custodire. Mi piace pensare che questo brano sia un ritorno al passato quando Londra era scoperta, spensieratezza e gioventù. Quando il Brit Pop era il battito stesso delle emozioni vissute».

Come nascono in genere le tue canzoni? Qual è il tuo modo di scrivere?

«Tendenzialmente parto dalla musica, mi metto con la mia chitarra, mi piace cantare pezzi di altri per imparare, poi parto da un arpeggio ed è dalla melodia che trovo l’aggancio del testo, viene quasi uno slogan. Nello specifico ‘Le canzoni inglesi’ ha preso vita in sala prove, con un sound diretto e istintivo, costruito sull’incastro di basso, batteria e chitarra. Alla batteria c’è la carica rock di mio nipote Lenny Ligabue, alla chitarra, la creatività di Johnny Gasparini, col quale ormai suono da oltre 12 anni; al basso, il talento di Jack Barchetta. La produzione e gli arrangiamenti sono stati curati da Francesco Landi».

Ti devo fare una domanda di rito che faccio sempre agli artisti che intervisto la prima volta, qual è il primo ricordo che hai da piccolo con la musica? Quando hai capito che era la tua strada?

«Ci sono diverse tappe, forse quella decisiva nasce dall’attività dei miei genitori. Negli anni ’70 decidono di aprire una balera, il sabato c’era l’orchestra e si ballava, durante la settimana passavano artisti straordinari, ti dico solo, per citarne alcuni: Ivan Graziani, i Nomadi, Riccardo Cocciante e tanti altri. Loro mi hanno fatto vedere un mondo fatto di musica, condivisione, gente che veniva ad ascoltare i loro concerti, rimanevo affascinato dai live, dal pubblico che cantava».

C’è una canzone del repertorio italiano che ti rappresenta e che avresti voluto scrivere?

«Non ho dubbi nel risponderti ‘Generale’ di Francesco De Gregori. Lo so, è un brano famosissimo, ma mi piace il fatto che unisca un tema sociale così importante come la guerra e come affronti il tema con un testo così poetico, ma allo stesso tempo crudo, ecco quello è un modo di scrivere schietto e sincero che arriva diretto che a me piace molto. È un brano che faccio spesso nei miei live, lo faccio in chiave rock».

Una curiosità che mi viene facendo un’associazione (gli chiedo sarcasticamente, nda) col tuo cognome. Ma sei per caso parente di Antonio Ligabue?

«No, non sono parente di quel Ligabue, anche perché il pittore si chiamava Laccabue, cognome che poi in seguito modificò in Ligabue».

L’anno scorso hai fatto più di cento concerti in giro per l’Italia, sei in giro con la presentazione del tuo libro ‘Salutami tuo fratello’ già alla terza ristampa, cos’hai in serbo per i prossimi mesi?

«Ti dico subito che abbiamo appena chiuso una data a Londra per il 6 maggio, la comunità italiana lì presente ha visto il video di ‘Le canzoni inglesi’ e sono felice di andare con la mia band a suonare al Troubadour London Club per portare la mia musica».

A proposito del video, com’è stato realizzato?

«Come ti dicevo siamo stati un paio di giorni a Londra, è stato realizzato da Fabio Fasulo con la collaborazione del team di Complitaly.uk, abbiamo scelto di immergerci nella Londra più iconica: Camden Town a cui sono molto legato, poi a Nothing Hill, Southbank, Piccadilly, Soho, Abbey Road. Nel video passato e presente si incontrano amplificando il senso di emozione e nostalgia».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.