La strana sensazione di averlo già visto e già sentito
La kermesse più pop del Bel Paese sta scaldando i motori, anzi è decisamente sulla rotta di lancio. Una rapida occhiata alle fasi e all’enfasi preparatorie porta ad un’unica sensazione… si sta per avviare la fine di un fortunato quinquennio: commerciale per le milioni di copie vendute; straordinario, per aver saputo mettere d’accordo la “generazione z” con con la nostalgia degli ”evergreen”; unico, per aver sdoganato la più recente tendenza della musica pop confezionata a tavolino, che relega le emozioni a uno spazio marginale, quasi remoto, a favore di un più impattante sensazionalismo. Eppure, a ben riflettere, il Festival di Sanremo continua a generare ancora sussulti; aggrega persone e spacca le opinioni, promuove nuovi gusti e tendenze.
D’altro canto, qualche elemento discutibile lo porta con sé, spesso relativo alle cifre stilistiche e “di campo” adottate dalle diverse direzioni artistiche, che attivano, anno per anno, inevitabili discussioni, polemiche, casi mediatici e, addirittura, politici.
Perché, in fondo, ogni dimensione del pensiero e dell’agire umano in società è un atto “politico”, tanto più quando riguarda la collettività o rappresenta il costume di una buona parte del Paese.
In questo, va detto le edizioni di Amadeus si sono contraddistinte per aver trattato tematiche sociali oltre l’intrattenimento, in bilico tra il dire di politica e la cronaca da pianerottolo. Un connubio perfettamente dosato, come gli ingredienti di una ricetta finora sempre riuscita, di cui fanno parte anche i personaggi che si alterneranno alla co-conduzione, realmente amici del direttore artistico (su tutti Fiorello) e “amici” dell’attuale Governo (per esempio Lorella Cuccarini).
In un’atmosfera che sembra tenere content* tutt* e in cui ognun* conosce ogni minimo dettaglio, compreso il pubblico da casa che a circa una settimana dalla prima serata è messo al corrente di tutto, ma proprio tutto ciò che ha a che fare col Festival: dai nomi degli artisti in gara, ai titoli e ai testi delle canzoni; dalla serata dei duetti agli ospiti internazionali; dai voti dei giornalisti dopo un blindatissimo pre-ascolto ai pronostici dei bookmakers; dalla scenografia che, anni fa, era un’attesissima sorpresa della prima serata, alle interviste nelle giornate effettive di prova con l’orchestra; dai cachet ai clichés.
Tutto è condito da un “amore” esagerato per il dettaglio delle informazioni e delle situazioni, finalizzato a creare una suspence che in certi passaggi sembra ottenere il contrario delle aspettative; un calo di attenzione, probabilmente fisiologico, legato all’eccesso di dati trasmessi con un ritmo quotidiano martellante. Del resto, c’è da domandarsi: “se di qualcosa so già tutto, cos’altro mi può incuriosire? Dove sarà la meraviglia?”. Senza nemmeno rendercene troppo conto, arriveremo all’inizio del Festival di Sanremo che ci sembrerà di averlo già visto tutto e, paradossalmente, già sentito senza aver ascoltato i pezzi.
Ma c’è da decretare ancora la canzone vincitrice. La sceglieremo per impatto emotivo e sensazione? O per condizionamento di massa? Salirà sul podio l’artista che ha un più nutrito fanbase? O quello più sostenuto dall’investimento economico delle case discografiche? Fattori che, probabilmente, influiranno tutti insieme sulla classifica finale, ma che poco o nulla potranno incidere sul successo di una canzone sul lungo periodo. Quest’ultimo resta l’aspetto più importante e l’approccio più interessante con cui affacciarsi alla grande festa sanremese, dove su tutt* e tutto vincerà, ancora una volta, la musica. A questo punto, che la festa abbia inizio! Certi, che ci sarà tanto da ballare.
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