Tiromancino

“Il cielo” dei Tiromancino, colorato di dolore e speranza in una canzone-medicina – RECENSIONE

Recensione del nuovo singolo dei Tiromancino, in radio e su tutte le piattaforme digitali da venerdì 15 novembre

Ci sono canzoni che fanno i conti col dolore, che escono dalla penna di chi l’ha realmente conosciuto e tracciano una strada su come affrontarlo, disinnescarlo e provare a superarlo. Scavano nella profondità della paura più intima del singolo ma sono capaci anche di aprirsi all’intera condizione umana per esorcizzare l’inevitabile precarietà che la contraddistingue, ed è il caso de “Il cielo“, nuovo brano dei Tiromancino da venerdì in radio e su tutte le piattaforme digitali, nato da un momento particolarmente delicato vissuto da Federico Zampaglione.

Il dramma di trovarsi a lottare per la vita

Il cantautore romano ne parla così sui social: “Prima dell’estate ero andato in ospedale per un intervento, sulla carta, molto semplice di rimozione della colicisti. Infatti tutto era andato bene finché qualcosa non è andato storto. Poche ore dopo ero lì a lottare per la vita. Sono rimasto giorni e giorni immobile su quel letto e guardavo il cielo… L’ispirazione è arrivata da lì. Mi sono aggrappato alla vitalità della canzone e ho trovato la forza di reagire scrivendo musica e parole. Tornato a casa, ho lavorato alla versione definitiva del testo con il mio amico e grande artista Franco126. Posso dire che il cielo mi ha salvato la vita e dedico questa canzone a chiunque abbia bisogno di sentirsi stretto in un abbraccio“.

Ascoltare “Il cielo” significa, quindi, scontrarsi con la fragilità di uomo e con le tante emozioni vissute in quel momento, che risultano apparentemente all’opposto ma che, in realtà, sono esattamente complementari: l’angoscia e il coraggio, la tenerezza e la tenacia, il rammarico e la fiducia. È un protagonista che si trova schiacciato dal peso delle paure, ma riesce a trovare un modo per vincerle, affidandosi al potere della natura per superare la propria zona d’ombra.

Rifugio nell’immaginazione e nella vicinanza delle persone più care

Da qui puoi vedere il cielo, ma resti tra di noi. Se vuoi, puoi seguire il volo di un aereo“: la prima strofa fotografa subito la costrizione del ritrovarsi, all’improvviso, immobili in un letto d’ospedale e la possibilità di andare altrove solo con la mente. Ed è qui che, da una condizione di staticità, l’attitudine diventa fortemente immaginifica: subentrano stelle, posti a un passo dall’universo e voglia di volare verso quella distesa di blu colorata di dolore e di speranza, a seconda degli alti e bassi vissuti in un’esperienza così drammatica.

La voglia di fuggire è, però, vissuta ad una sola condizione: avere affianco la propria compagna di vita. “Abbracciami così, mentre ti porto con me“: è la figura dell’abbraccio quella forse più importante di questa canzone, perché la forza di reagire non può prescindere dalla vicinanza delle persone più care. “Tenersi stretti per sentirsi meno precari” si legge, non a caso, nel comunicato che ha annunciato l’uscita del singolo.

Le caratteristiche di una canzone-medicina e il coraggio di scavare nel proprio dolore

Un testo, quindi, profondamente sentito, riflessivo e autentico che, unito a un arrangiamento etereo, arioso, avvolgente, dona a “Il cielo” un’atmosfera magica e rassicurante, tanto che potremmo definirla una “canzone-medicina“, perché è stata importante per l’autore e lo sarà per chiunque si trovi nella stessa situazione di sofferenza vissuta da lui.

Zampaglione si conferma, così, come un’eccellenza nell’indagare tutti i lati della condizione umana con l’efficacia di immagini semplici e immediate, ma mai banali. “Il cielo” ci parla di un cantautore che non sgomita per farsi sentire a tutti i costi e preferisce far parlare la sua sensibilità e il suo inconfondibile stile. È la fotografia di un artista che, in un mondo di prodotti effimeri e costruiti a tavolino, è riuscito a conservare il coraggio di scavare nel proprio dolore per trasformarlo in un aiuto universale.

Classe '92, il sogno della scrittura l'ho lasciato per troppo tempo chiuso in un cassetto definitivamente riaperto grazie a Kekko dei Modà, il primo artista ad essersi accorto di me e a convincermi che questa è la strada che devo percorrere. Per descrivere il mio modo di raccontare la musica utilizzo le parole che mi ha detto una giovane cantautrice, Joey Noir: "Grazie per aver acceso la luce su di me quando si sono spenti i riflettori". Non faccio distinzioni tra la musica che è sotto i riflettori e quella che invece non lo è, perchè l'unica vera differenza dovrebbe essere tra musica fatta bene e musica fatta male.