Simone Villa pubblica ‘Villanesimo‘
‘Villanesimo‘ è il primo album da solista del cantautore torinese Simone Villa, un concept album composto da otto tracce che sono di fatto il manifesto del Villanesimo, un pensiero filosofico inclusivo che invita a dedicarsi con coraggio e passione alla realizzazione dei propri sogni. I brani portano uno spaccato di vita, esperienze ed emozioni che tutti vivono, hanno vissuto o vivranno o che vorrebbero vivere, dalle relazioni con gli altri, amorose e non, a quella con sé stessi.
Il disco propone di viversi la vita e le esperienze che ci portano ad affrontare con entusiasmo, passione, allegria, a ricercare noi stessi, riuscire a riconoscere le cose e le persone. Pur essendone il cantautorato il genere di riferimento,“Villanesimo” non si può definire l’album di un classico cantautore italiano perché, nonostante la chitarra acustica faccia quasi da tre d’union in tutto il disco, si notano molte diverse influenze e generi: dal rock degli anni Sessanta, energico, vibrante, rappresentato dalla scelta di suoni di tastiere e synth, al colorato pop italiano anni Duemila, dal rock and roll viscerale delle chitarre elettriche (lievemente) distorte. Molte canzoni del disco sono state pre-prodotte da Mano Manita e da Simone Villa, prodotte e vestite da Fabio Grande a Roma e poi masterizzate da VDSS Studio. Sento Simone per farmi raccontare com’è nato questo album e qualche aneddoto sulla sua musica.
Ciao Simone, come stai? Ti chiedo subito: cos’è il “Villanesimo”?
«Il Villanesimo è la ricerca continua di noi stessi e di cosa ci piace realmente fare, senza farsi troppe paranoie e senza farsi condizionare troppo dai pareri della società. Un viaggio in Interrail tra i nostri sogni».
‘Villanesimo‘, otto tracce che spingono chi ascolta la tua musica a credere nei propri sogni. Qual è il tuo sogno più grande?
«Uno solo? il più immediato e scontato è quello di poter portare queste canzoni e questo mood in giro per tutta Italia ed Europa. Vivere di esperienze e di musica, di emozioni e di socialità, quella vera, che si respira, che si tange e che si vive. Chiedo troppo?».
Otto tracce, arrangiamenti analogici, presenza di cori come si faceva una volta, parafrasando il tuo brano ‘Succo’: mi sono abituato, non è per niente male. Dici che sia ora di rischiare e tornare a fare musica in maniera artigianale?
«Ne sono più che convinto, non disdegno l’utilizzo di strumenti più digitali, elettronici e reputo che il mezzo comunicativo sia sempre in secondo purché sia utile a far passare un messaggio che sia sincero. Ovviamente come dici tu, il mezzo che io preferisco è quello analogico, artigianale: voci vere, cori, chitarre, cose suonate, le mani che battono, il corpo che si muove. Diciamo che è quello che sento più mio».
Qual è il brano a cui sei più legato?
«No, non me lo puoi chiedere… sarebbe come chiedere ad un genitore qual è il figlio preferito. Ovviamente ci sono dei brani che preferisco, ma non posso dirtelo! E il tuo qual è?».
Al primo ascolto ti direi “Succo”, è diretto e mi piace molto… Come nasce una tua canzone? Qual è l’idea dalla quale parti?
«Bella domanda, non ho una risposta univoca, in fondo, come direbbe qualcuno: “le canzoni sono come i fiori, nascon da sole e sono come i sogni”. Io di solito parto da frasi e melodia in realtà che visualizzo in maniera inaspettata mentre faccio altro e poi cerco di fissarle in qualche modo in attesa di prendere lo strumento e iniziare a plasmarle».
Come ti sei avvicinato alla musica? Qual è il tuo ricordo da piccolo?
«Mi ricordo che mi sono avvicinato fin da piccolissimo alla musica. Avevo un microfono giocattolo e lo usavo in casa facendo finta di cantare, rispondevo al telefono di casa cantando la canzone che sentivo in TV o per radio, poi ho iniziato a studiare fisarmonica ma troppo solfeggio e ho smesso! E poi le lezioni di canto. E poi eccomi qui».
C’è un artista, una canzone del repertorio italiano o straniero che avresti voluto scrivere?
«Solo uno anche qui? Al contrario qui è come chiedere chi preferisci tra i tuoi genitori? Amo tutta la scena cantautorale italiana dagli anni 70 in poi, in particolare Paoli, Battisti, Dalla, Graziani, Gaetano fino ad arrivare a Vasco ovviamente, che per me rappresenta il cantautore che è riuscito a coniugare tutti quanti. Ma conosco di persona anche tanti fantastici artisti da cui prendo e cerco di assorbire il più possibile come, ad esempio, il mio amico e uno dei miei produttori: Mano Manita».
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