Sanremo 2024 top flop

Sanremo 2024, il top ed il flop di questo Festival

Analisi sul meglio e sul peggio dell’ultimo Festival di Sanremo

Sanremo 2024 è finito e, come tutti gli anni, la settimana successiva è periodo di bilanci tra qualità musicale, risultati, artisti che si sono distinti e artisti che, invece, hanno deluso. In questo articolo vi racconto quindi, in dieci punti ciascuno, cosa è stato, a mio avviso, il meglio e il peggio di questo Festival.

I TOP

  • La stella Angelina Mango

Ha vinto meritatamente grazie a una canzone che ha sì il mood da tormentone ma ha anche un bel contenuto (invito a vedere “La noia” del titolo come tempo da dedicare a noi stessi) e diverse anime sonore tra modernità, tradizione popolare ed echi di melodia. Ma è con l’omaggio al padre de “La rondine” che ha forse ipotecato la vittoria, perché ci ha fatto vedere una nuova versione di sé stessa, più intima, essenziale e terribilmente emozionante, mostrando un’invidiabile padronanza del palco sia nel suo lato più fresco e giocoso che in quello maggiormente intimo. È nata una stella.

  • La rondine” di Mango in classifica su Spotify

Strettamente collegata al primo punto, c’è la felicità di vedere l’ingresso di questo capolavoro della musica italiana nella classifica di Spotify: domenica era addirittura al 22esimo posto, sopra a dieci canzoni in gara al Festival, e oggi resiste ancora al 29esimo. I giovani che l’hanno appena scoperto forse non sanno che questo brano è stato un tormentone dell’estate 2002, quando per fare un tormentone non serviva far parte della stessa catena di montaggio. Bastava semplicemente comporre una gran bella canzone.

  • L’eleganza di Alessandra Amoroso

Ha avuto un gran coraggio perché, pur sapendo sicuramente lei per prima che, presentando un tormentone, sarebbe arrivata molto più facilmente sia al pubblico social che alle giurie oggi più attente ai trend del momento che a giudicare veramente la musica, ha scelto la strada della canzone senza tempo. “Fino a qui” la esalta come interprete, è stata la canzone più elegante e più bella tra tutte quelle in gara, non ha ottenuto al Festival quello che avrebbe meritato ma lo otterrà sicuramente fuori. Perché, se le mode scadono per definizione, le canzoni come questa sono invece pensate per avere sempre un senso.

  • Il Premio della Critica “Mia Martini” a Loredana Bertè

Mimì, l’abbiamo riportato a casa“, ha accolto così la conquista del premio intitolato alla mai dimenticata sorella ed è un premio che Loredana ha meritato per questo Festival che l’ha confermata come regina del rock italiano. La sua “Pazza” è rock in purezza, è una canzone diventata già iconica dopo il primo ascolto e può diventare uno dei brani-simbolo della sua carriera.

  • La rivelazione Santi Francesi

Chi li aveva già seguiti a X-Factor sapeva che non avrebbero fallito per il grande gusto che hanno sempre dimostrato e che hanno portato anche sul palco dell’Ariston. La loro è un’elettronica elegante, infarcita di melodia e con l’estensione vocale del cantante che la fa letteralmente volare. Un progetto personale, identitario, stiloso, raffinato e che, nel duetto con Skin, ha dimostrato di poter avere anche una dimensione internazionale.

  • La profondità di Irama

Irama al Festival ha sempre presentato belle canzoni, è fuori dall’Ariston che si è perso un po’ troppe volte in proposte non all’altezza del suo talento. L’impressione però è che, con questo Sanremo, grazie al brano presentato ma anche al duetto con Riccardo Cocciante, abbia definitivamente consolidato la sua maturità interpretativa e vocale, e abbia finalmente capito dove deve stare: nella profondità, che è ciò che lo esalta di più.

  • La sorpresa Ghali

Ghali ha fatto un Festival molto al di sopra di quelle che erano le aspettative. “Casa mia” è stata una scelta azzeccatissima, piace anche al pubblico più adulto grazie a delle sonorità anni ’80 catchy e immediate, spese però per un testo importante e ricco di contenuti. Un plus sono i messaggi portati sul palco per cui, come stiamo vedendo in questi giorni, è servito un gran coraggio.

  • Il tradizionale Maninni

Tra tanti giovani che abbiamo visto in gara messi davanti all’occasione della vita, lui è quello che ci è piaciuto di più. Perché, in un mercato musicale dove tutti sembrano copiarsi strizzando l’occhio a ciò che più conviene, è bello vedere un emergente che canta una ballad molto tradizionale, nostalgica, figlia dei Sanremo degli anni 2000. Ecco cosa significa avere personalità.

  • L’esordio di Gazzelle

Il suo è stato uno dei migliori esordi tra i tanti che abbiamo visto quest’anno, grazie a una proposta coerente con il suo percorso, emotiva e personale. “Tutto qui” è piaciuta all’Ariston e piace anche fuori, si sta prendendo il suo importante spazio nelle classifiche (decima su Spotify) e non era assolutamente scontato per una proposta così intima in un Festival costruito sui tormentoni. Plus rappresentato dalla cover di “Notte prima degli esami” eseguita in coppia con Fulminacci: canzone difficile ma omaggiata con assoluto rispetto e portando un’atmosfera magica all’Ariston.

  • Roberto Vecchioni padre artistico di Alfa

Vecchioni ci ha regalato forse il gesto più bello di questo Festival quando, cantando “manca solo un verso a questa poesia, puoi finirla tu“, ha invitato Alfa a completargli la canzone “Sogna, ragazzo, sogna“. Un gesto emozionante che rappresenta un ponte tra passato, presente e futuro, da padre artistico, da grandissimo artista e uomo qual è.

I FLOP

  • Meccanismo di voto da rivedere

Si era detto per Ultimo nel 2019 ed è giusto dirlo oggi anche per Geolier. A prescindere da gusto, simpatie o antipatie, e dal fatto che siamo felici per la vittoria di Angelina Mango: il meccanismo di voto del Festival non funziona. Geolier ha stravinto per il voto popolare ottenendo addirittura il 60% delle preferenze, e ha visto il verdetto completamente ribaltato dalla giuria della Sala Stampa. Il televoto così è inutile e tanto vale toglierlo: la Rai non può offrire un servizio a pagamento che poi può essere sovvertito in questo modo da una giuria formata da sole 300 persone. La soluzione più giusta sarebbe quella di passare a un voto gratuito tramite app, come viene ormai fatto per tutti i programmi televisivi, e così si toglierebbe alla gente la sensazione di spendere soldi per qualcosa di inutile.

  • Scarsa pluralità

Amadeus ha trasformato Sanremo in un Battiti Live invernale. Abbiamo sentito 20 canzoni su 30 con la cassa dritta, diverse non all’altezza del Festival e alcune anche perfettamente sovrapponibili tra di loro. Una costruzione del cast simile a quella di un festival estivo, guidata dalla ricerca ossessiva del tormentone e con solo qualche proposta più tradizionale portata in gara giusto per dare un piccolo contentino al pubblico più adulto. Se il Battiti Live è però giusto che sia così perché quella è la sua missione, Sanremo no. Il Festival dovrebbe essere aperto a tutti e parlare a tutti, mostrando una pluralità che in questo Festival non c’è stata.

  • Pochi autori che scrivono per tutti

Strettamente collegate al precedente punto, ci sono le polemiche riguardanti gli autori in gara in questo Festival. 20 canzoni su 30 avevano la mano di almeno uno degli autori già ampiamente protagonisti nelle classifiche, con 13 di loro a scriverne dalle due alle quattro. E questo ha causato un appiattimento generale con canzoni che suonano uguali tra di loro, e che sembrano parlare delle stesse cose e nello stesso modo, perché scritte dalle stesse persone. Difficile pensare che, su 400 canzoni ascoltate, Amadeus non abbia avuto modo di andare oltre l’élite che muove il mercato. Se la sua Inter avesse continuato a insistere su Mauro Icardi, non avrebbe mai scoperto che Lautaro Martinez è decisamente più forte di lui.

  • Le scelte dei giovani

Amadeus ha aperto, come di consueto, la gara a molte scommesse figlie comunque delle tendenze che oggi muovono il mercato e che hanno però dimostrato di poter difficilmente andare oltre il loro target di riferimento, quello giovanile. I La Sad sono stati forse la sua più grande scommessa di questa edizione, risultando totalmente inadeguati per un palco del genere. Anche BigMama non è riuscita a spiccare e persino Geolier, nonostante sia un campione di vendite, ha certificato, con i fischi subiti dall’Ariston, che questo tipo di proposte fanno una grandissima fatica a superare il confine generazionale in cui sono incastrate.

  • La cultura dei numeri

Quasi tutti gli artisti in gara sono stati presentati con l’elenco degli ascolti streaming e dei dischi di platino accumulati negli ultimi anni. Mai una volta che si fosse parlato di qualità. È come se i risultati arrivassero prima degli artisti stessi, in una visione che mortifica totalmente l’arte. Perché nell’arte i numeri dovrebbero essere una conseguenza, non un fine. Oggi invece sembrano l’unico fine e questo si riflette anche nei punti scritti precedentemente: scelte facili, a portata di numeri sulle piattaforme, perché quelli sono l’unico scopo.

  • Annalisa sprecata nei tormentoni

Sinceramente” è già un successone ed è quello che ci si aspettava. Perché è una proposta costruita a tavolino appunto per arrivare al successo. Annalisa ha però confermato in questo Festival, con la cover di “Sweet dreams” eseguita in duetto con La Rappresentante di Lista, quanto sia sprecata in questo genere. Pur rimanendo sull’elettronica, potrebbe cercare strade che possano esaltare maggiormente la sua vocalità invece di limitarsi in questi tormentoni pensati solo per il pubblico social. È proprio per questo che non ha vinto nonostante partisse come favorita. La dimostrazione è in un televoto in cui Angelina Mango, pur con un solo anno di carriera alle spalle, ha ottenuto il doppio dei consensi di Annalisa. Perché Angelina è riuscita a guardare molto meglio al pubblico medio.

  • La delusione Negramaro

È stato un Sanremo decisamente deludente per una band con la loro storia e che aveva con sé l’attesa di un grande ritorno: troppo poco il 19esimo posto finale, soprattutto perché causato da un televoto mediocre. Diventa inevitabile fare il confronto con il risultato raggiunto nella scorsa edizione dai Modà,  due band che fanno pop-rock e che hanno deciso di tornare all’Ariston dopo tanti anni e in due edizioni ravvicinate. Se la band di Kekko Silvestre, partendo da un 21esimo posto per le giurie, è risalita fino all’11esimo grazie a un televoto sempre da Top10, quella di Giuliano Sangiorgi ha visto una buona partenza per le giurie (decimi per la Sala Stampa e terzi per le radio nella serata di giovedì) ma è poi crollata proprio per il televoto (addirittura 26esimi venerdì). Segno di una partecipazione che, evidentemente, non ha convinto nemmeno il loro pubblico.

  • Il cyberbullismo nei confronti di Sangiovanni

Sangiovanni ha fatto un brutto Sanremo. La sua scelta di provare a proporsi in una maniera più matura si è rivelata sbagliata, perché ha dimostrato di non essere pronto. Forse non era il momento giusto per portare sul palco il tema raccontato e la prova l’abbiamo a pochi giorni di distanza. Sangiovanni non sta bene e ha scelto di mettersi in pausa, sospendendo album e tour, per curare la sua salute mentale. Problemi che sono forse figli del cyberbullismo subito negli ultimi mesi a causa di un fatto di gossip e, quindi, diventa inevitabile chiedersi se non sia arrivato il momento di pensare a un sistema che punisca chi prende parte alle troppe campagne di odio che vediamo sui social. Lui si è fermato in tempo per prendersi cura di sè, ma prima o poi troveremo qualcuno che non avrà la forza di reagire e lì saranno guai seri.

  • L’occasione persa di Emma

Il 14esimo posto è un risultato sotto le aspettative per una cantante che nell’ultimo anno ha trovato un grande rilancio discografico, e non doveva quindi riposizionarsi sul mercato ma semplicemente cavalcare ciò che ha ottenuto negli ultimi mesi. “Apnea” non ha convinto soprattutto dal vivo perché toglie a Emma tutta quell’intensità interpretativa che è sempre stata la sua caratteristica principale. Nel suo ultimo album “Souvenir” c’erano carte decisamente migliori da giocare.

  • Il televoto dei The Kolors

Sotto le aspettative anche loro per via dell’ultimo anno che li ha visti mettere a segno il tormentone dell’estate. Anche “Un ragazzo una ragazza” è già una hit, ma il risultato al televoto (sempre nella seconda metà della classifica) è decisamente deludente per una band reduce da un successone come quello di “Italodisco“. Il tormentone il più delle volte crea un pubblico occasionale, poco utile in momenti di questo tipo ma anche per quanto riguarda la dimensione live. Ora per loro è il momento di mostrare anche altro per cercare di trovare un pubblico fedele che li possa aiutare non solo nei momenti alti della loro carriera, ma anche in quelli bassi.

Classe '92, il sogno della scrittura l'ho lasciato per troppo tempo chiuso in un cassetto definitivamente riaperto grazie a Kekko dei Modà, il primo artista ad essersi accorto di me e a convincermi che questa è la strada che devo percorrere. Per descrivere il mio modo di raccontare la musica utilizzo le parole che mi ha detto una giovane cantautrice, Joey Noir: "Grazie per aver acceso la luce su di me quando si sono spenti i riflettori". Non faccio distinzioni tra la musica che è sotto i riflettori e quella che invece non lo è, perchè l'unica vera differenza dovrebbe essere tra musica fatta bene e musica fatta male.