Monolite

Monolite: «Con la nostra musica cerchiamo una strada nuova, più vicina alla realtà attuale» – INTERVISTA

‘Verbo’ è il nuovo EP della band Monolite

Verbo‘ è il nuovo album dei Monolite, un gruppo alternavive rock romano composto da Vincenzo Storn e Gianluca Riccio. Si tratta dell’album della maturità, della consapevolezza, un lavoro discografico che contiene cinque tracce che riflettono il loro percorso e la loro crescita personale e artistica. I brani offrono uno sguardo intimo sulla vita quotidiana, raccontando sfide, lotte e momenti di crescita attraverso sonorità ricche e stratificate. Un progetto che si fa portatore di un messaggio di resilienza e speranza, con le sue tracce invita l’ascoltatore a non perdere di vista le possibilità di una luce anche nelle difficoltà che si possono incontrare sulla propria strada.

Importante il contributo del produttore ferrarese Michele Guberti che, come mi racconta Vincenzo durante l’intervista, è riuscito a tirare fuori dai componenti del gruppo un carattere profondo e unico che si stacca dalle cose fatte in precedenza, un lavoro che è riuscito a sottolineare una cura particolare nella stratificazione delle sonorità e nell’intensità emotiva di ogni traccia. Sento Vincenzo per farmi raccontare come è nato l’intero lavoro discografico.

Ciao Vincenzo, come stai? Intanto ti chiedo: da cosa nasce il titolo dell’EP?

«Il titolo nasconde tante cose, è legato al concetto logos, il principio della parola e della verità, che in questo caso prende forma attraverso la musica, come se questo album portasse in sé un nuovo tipo di attitudine, una nuova strada da seguire. Tutto sommato è un album che vuole parlare con sincerità senza sovrastrutture, è una ricerca della verità del rock, anche una ricerca di come la vita può essere vissuta».

Molto bella la frase “e tra queste macerie, io ti cullerò” contenuta all’interno di ‘Qualcosa cambierà‘.

«Certamente è una frase forte, ma è stato giusto metterla. Era appena scoppiato il conflitto tra Russia e Ucraina, questa immagine delle macerie ci ha molto colpito. Siamo genitori e spesso mi pongo il problema di lasciare un mondo migliore alle nuove generazioni. La stessa immagine delle macerie o della distruzione rappresenta anche un conflitto interiore che si può vivere in un determinato momento della propria vita. Il “ti cullerò” trasmette un senso di speranza».

Percepisco in tutto il lavoro discografico delle sonorità anni ’80, un canto pulito, come se, da puristi del rock, aveste voluto prendere il meglio dalla musica pop.

«Sicuramente con questo nuovo lavoro, anche guidato dal produttore, sono andato a lavorare molto su me stesso, ho cambiato un certo tipo di approccio cercando di essere ancora di più me stesso, ho misurato il modo di cantare, sono più naturale, questo è il mio timbro. La direzione è quella di rendere la nostra musica diversa dalle altre attraverso la riconoscibilità del cantato. Puntiamo molto su questo, sull’attenzione al testo, ad ogni singola parola. Scrivere una canzone richiede un procedimento molto complesso.

Ci sono più fasi del processo compositivo delle canzoni, parti da degli spunti o tracce di canzone, poi vai a scegliere quelle che funzionano di più e fai una cernita. Avere la possibilità di confrontarsi con una figura esterna di aiuta a capire qual è il potenziale, avere qualcuno all’esterno è fondamentale. Per noi è stato fondamentale lavorare col nostro produttore Michele Guberti, ci siamo chiusi in uno studio di registrazione a Ferrara, un contesto stupendo al Natural Headquarter , l’alloggio sopra e lo studio di registrazione sotto, è stato un lavoro intenso in cui abbiamo messo in discussione molte cose, cambiando ogni singola sfumature, per fare un lavoro che fosse sincero».

I vostri testi hanno sempre una visione ottimistica e di apertura verso il futuro.

«Sì, lo dicevo prima, è una questione di consapevolezza e di responsabilità nei confronti delle generazioni future. Ci sono effettivamente testi che portano a guardare avanti. Io e Gianluca abbiamo situazioni familiare avanzate con delle relazioni importanti, ovviamente la nostra vita ci porta a guardare le cose con una certa complessità, non siamo più i ragazzi che devono tendere a fare qualcosa di dissacrante. Il mio percorso personale, che comprende anche una dimensione di fede, influisce sul modo in cui vedo le cose. Il rock ha spesso un’immagine legata a certi stereotipi, ma non è necessario aderire a quello che impone il mercato o un’idea. Cerchiamo una strada nuova, più libera e vicina alla nostra realtà attuale».

La paternità ha cambiato il tuo modo di fare musica? In che modo stai facendo conoscere a tua figlia la musica?

«Di base c’è ottimismo, Abbiamo la responsabilità di crescere nuove vite in un mondo che può essere ostile, di formare nuovi cittadini, nuove persone. Sembra che la chitarra le piaccia molto, si sta cibando di musica, ci divertiamo tanto, balla, canta, è anche molto intonata per la sua età, la musica è una costante nella nostra relazione».

C’è un brano di tutto l’ep a cui sei particolarmente legato?

«Sicuramente, per ovvie ragioni, è Marta. Artisticamente è ‘Qualcosa cambierà’, ci sono molto affezionato, il testo è evocativo, ha tranciato una linea nuova, ha tracciato la strada per il nostro nuovo lavoro. È un brano significativo, in cui il ritornello non viene urlato, ma mantiene una dinamica quasi confidenziale, quasi parlata. è stato completato in studio quando eravamo a Ferrara, siamo partiti da una registrazione al telefonino, quei provini sono stati utilizzati come base per le versioni definitive, è andata così.

Il testo è importante, chi lo ascolta può ritrovarsi in quello che cantiamo. Il nostro rock lo abbiamo fatto in un’ottica pop per dare l’opportunità di immergersi in quel determinato pezzo, per potersi ritrovare all’interno del testo e, perché no, per poterlo cantare. Essendo un rock italiano mi piace pensare che tenda alla musica cantautorale, mi piace pensare che noi siamo i nuovi cantautori italiani, ha un compito importante: quello di dare un messaggio».

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.