Meganoidi

Meganoidi: “Lavorare con Cristiano Godano è stato appagante e produttivo” – INTERVISTA

Intervista ai Meganoidi in occasione dell’uscita della nuova versione di “Zeta Reticoli” incisa in duetto con Cristiano Godano

Meganoidi festeggiano il ventesimo anniversario di “Zeta Reticoli“, uno dei loro brani più iconici e, per l’occasione, è arrivata il 14 giugno in radio e sulle piattaforme digitali una nuova versione del brano incisa in duetto con Cristiano Godano, con cui stanno inoltre lavorando a una rilettura di “Ti voglio dire“, primo singolo estratto dall’album solista del leader dei Marlene Kuntz, Mi ero perso il cuore“. Abbiamo raggiunto i Meganoidi per farci raccontare qualcosa in più sul brano e sulla loro carriera.

Benvenuti su Libera La Musica. Siamo qui per parlare dell’anniversario dei 20 anni di “Zeta Reticoli“, un brano diventato cult per la scena rock italiana. Cosa ha rappresentato per voi questa canzone e cosa rappresenta oggi?

<<Per noi “Zeta Reticoli” ha sempre rappresentato la concretizzazione della nostra predisposizione naturale all’evoluzione e al cambiamento. Ci ha riconfermati dopo essere arrivati da un album punk rock, quindi abbiamo da sempre rappresentato un’anomalia per il mercato discografico italiano, ma forse è stata proprio la nostra autoproduzione e la nostra indipendenza a rendere tutto questo possibile>>.

Proprio in occasione dei 20 anni dall’uscita, l’avete riletta in una nuova versione in coppia con Cristiano Godano dei Marlene Kuntz. Com’è nata l’idea di questa collaborazione e come vi siete trovati con lui?

<<Lavorare con Cristiano è stato appagante e produttivo. L’idea di fare una collaborazione con lui è nata proprio dall’esigenza di dare un nuovo volto a un brano con una persona che stimavamo dal punto di vista artistico. Ci abbiamo provato e ci siamo riusciti>>.

La libertà è ancora oggi “un lago di sangue“?

<<Certamente, la libertà lo è sempre, perché spesso ci si dimentica che bisogna lottare ogni giorno per far sì che rimanga. Ormai la libertà non ti viene negata con la forza, ma in modo subdolo e spesso ci spingono a barattarla con qualcosa, ma la libertà non si baratta con nulla>>.

Zeta Reticoli” è uscita quando non c’era ancora nemmeno YouTube, eppure oggi conta quasi 9 milioni di stream su Spotify. Che effetto fa vedere una propria canzone adattarsi in questo modo alle piattaforme attuali pur essendo uscita in un’epoca lontana e ampiamente diversa a livello di mercato?

<<In realtà noi siamo nati grazie alla condivisione online. Il nostro primo EP nel ’98 era molto condiviso su Napster e pur non avendo una distribuzione il pubblico conosceva tutti i brani anche quando suonavamo a Rimini, Roma, Torino ecc. Quindi diciamo che il digitale per noi ha sempre rappresentato una risorsa sulla quale adattarci>>.

Voi fate parte della generazione MTV, il video di “Zeta Reticoli” l’avevate presentato per la prima volta proprio lì e ho anche un ricordo personale del me bambino che impazziva davanti alla tv appena partiva la vostra “Supereroi“. Secondo voi, cosa manca oggi di quella realtà che dava ampio spazio anche al circuito più alternative?

<<Beh, manca proprio tanto. C’è anche da dire che però il circuito alternativo si è ridimensionato a causa, in parte, della presenza dei talent show che hanno veicolato l’attenzione di chi vuole intraprendere la carriera musicale proprio in quel circuito, abbattendo un po’ l’interesse degli esordienti di suonare dal vivo e creare musica inedita>>.

Siete sempre rimasti indipendenti e quindi la vostra è una testimonianza diversa rispetto a quella di altre band uscite in quegli anni, che hanno iniziato da indipendenti ma poi hanno fatto il salto in major. Cosa vi ha dato questa scelta?

<<Noi siamo rimasti autoprodotti, autodeterminati a livello artistico e indipendenti, poiché pur avendo una visione molto pop nel nostro modo di fare rock, siamo troppo selvatici per stare a un tavolo a discutere sul nostro prodotto artistico. Ci piace confrontarci, ma le imposizioni ci sono sempre andate strette>>.

Attualmente siete impegnati con il “Brucia ancora tour” che vede una lunga serie di date fissate in tutta Italia. Che spettacolo state presentando al vostro pubblico e che importanza ha per voi la dimensione live?

<<Il nostro live ripercorre i nostri 26 anni di storia e per noi la dimensione live è il nostro vero habitat naturale, poiché siamo nati suonando in giro e sui palchi ed è lì che vogliamo rimanere ancora per molto tempo. Il rapporto con il nostro pubblico è poi molto speciale, perché con loro ci confrontiamo, discutiamo, parliamo e ci abbracciamo a fine concerto, e questo è per noi un vero privilegio, perché quello non è “pubblico”, è una vera e propria famiglia che ogni concerto ti accoglie e rende tutto questo possibile>>.

Classe '92, il sogno della scrittura l'ho lasciato per troppo tempo chiuso in un cassetto definitivamente riaperto grazie a Kekko dei Modà, il primo artista ad essersi accorto di me e a convincermi che questa è la strada che devo percorrere. Per descrivere il mio modo di raccontare la musica utilizzo le parole che mi ha detto una giovane cantautrice, Joey Noir: "Grazie per aver acceso la luce su di me quando si sono spenti i riflettori". Non faccio distinzioni tra la musica che è sotto i riflettori e quella che invece non lo è, perchè l'unica vera differenza dovrebbe essere tra musica fatta bene e musica fatta male.