Intervista a Johnson Righeira che rivive i suoi anni ’80 e continua a guardare al futuro
Nell’ambito del format La macchina del tempo 80 al Mirano Summer Festival, particolare rilievo assume il nome di Johnson Righeira che, nello scenario musicale ed artistico della musica italiana anni ’80 (e non solo), ha indubbiamente occupato un posto d’onore. A poche ore dalla sua esibizione l’abbiamo incontrato per farci raccontare qualche aneddoto prezioso e per volgere lo sguardo al futuro in attesa di nuove sfide.
Partiamo da questa serata, un’occasione per ritrovare tanti colleghi con cui avete vissuto tanti momenti in comune. Qual è il tuo primo ricordo dei tuoi anni ’80?
«Conservo tanti ricordi degli anni ’80. La cosa che ricordo con maggior affetto è, però, quell’atmosfera particolare che forse noi stessi, causa il tornado che ci travolse, non riuscivamo a capire totalmente. Quando uscì ‘Vamos a la playa’ eravamo militari e questo contribuì ad aumentare l’effetto tornado di quanto stava accadendoci».
Sono gli anni quelli dei gloriosi Festivalbar…
«Si, e vista la lineup di questa sera mi sembra di poter dire che siamo tornati a ricordare molto da vicino i vecchi Festivalbar. Tuttavia non sono un nostalgico di quell’esperienza. Quello che mi manca, però, è l’occasione che Festivalbar dava a noi artisti di ritrovarsi tutti insieme. Noi, che eravamo molto aperti anche alla dimensione internazionale, abbiamo avuto l’occasione di conoscere personaggi musicali che erano i nostri punti di riferimento. E poi c’erano le serate in albergo dopo i concerti…».
Con questi artisti hai stretto dei legami anche di amicizia?
«Lo abbiamo fatto soprattutto dopo: all’epoca non c’era il tempo, era tutto troppo veloce. Dopo il grande successo, quando siamo andati incontro ad una stabilizzazione del genere “anni ’80”, abbiamo fortunatamente avuto modo di ritrovarci».
Hai parlato di genere anni ’80
«E’ così. Anche per generazioni che non li hanno vissuti gli anni ’80 oggi sono un genere. I suoni tipici degli anni ’80 influenzano moltissimo anche la musica di oggi: i The Kolors sono un esempio lampante ma nella scena indipendente e nel nuovo cantautorato c’è un fortissimo richiamo a quel gusto».
Di fatto, in un biennio di successi intramontabili, con i Righeira avete segnato un’epoca. Facendo riferimento all’oggi riscontri quella stessa modalità di fare musica tipica degli anni ’80 oltre al gusto per un certo suono?
«Non ho mai più rivisto sulla scena musicale italiana che mi abbia ricordato i Righeira. Penso che noi siamo stati una scheggia impazzita che ha costituito un unicum per tutta una serie di motivi di cui vado anche molto fiero. Ci sono, tuttavia, diverse cose che mi piacciono della musica di oggi ma la grande differenza tra l’oggi e gli anni ’80 sta nel fatto che, rispetto ad allora, la musica italiana è molto più limitata ai nostri confini. Noi, Ivana Spagna o Gazebo abbiamo venduto milioni di dischi all’estero. Oggi questa stessa capacità di esportare non c’è quasi più».
L’anno prossimo saranno i 40 anni de ‘L’estate sta finendo’
«All’epoca accadde un miracolo perchè fu incredibile avere un successo di quella portata. Il vero miracolo della nostra vita, però, sta nel fatto che, dopo quarant’anni, siamo ancora qui a parlarne e a cantare quelle canzoni che continuano imperterriti ad essere sentiti in Italia come all’estero. Non avremmo mai potuto immaginare che quel successo straordinario si prolungasse per così tanto tempo. I ragazzi d’oggi non sanno nemmeno chi siano ma chiunque sa canticchiare ‘Vamos a la playa’: questo significa che le canzoni vivono di vita propria e si sono staccate da chi le ha scritte e le ha portato al successo pur continuando a dare grandissime soddisfazioni».
Hai in mente qualche festeggiamento particolare per il quarantennale del pezzo?
«Non c’ho ancora pensato a dire il vero ma qualcosa faremo sicuramente».
‘L’estate sta finendo’ è sempre stata considerata una canzonetta
«Da subito lo è stata ma negli anni ha acquisito un certo spessore. E’ una canzone che è piena di significati e in cui, ancora oggi, mi identifico pienamente».
La critica ha sempre guardato con un certo sospetto alla vostra produzione…
«Ci ha messo 30 anni a capire il reale significato del testo di ‘Vamos a la playa’. Al perdurare del riproporsi ogni anno della canzone hanno finalmente iniziato ad analizzarne il testo e si sono resi conto che non era poi così tanto leggero. Era una canzone che voleva essere un inno al futuro: malgrado sia esplosa la bomba atomica noi andiamo comunque in spiaggia, questo era il senso».
E’ un atteggiamento tipicamente italiano quello di apprezzare i propri successi con un certo ritardo a tuo modo di vedere?
«Non lo so. In Italia c’è sempre stata la volontà di separare la musica d’autore dalla musica pop. La musica fondamentalmente è una e non c’è una distinzione tra chi scrive cose impegnate e chi, invece, guarda alla leggerezza delle cose. L’estero, la Gran Bretagna soprattutto, ce lo insegna. L’Italia non è molto generosa con i suoi artisti. Non lo è mai stata né lo sarà mai. Ivana Spagna se non avesse iniziato con la dance probabilmente sarebbe considerata alla stregua di Mina o Ornella Vanoni: è una cantante incredibile ancora oggi ma per l’Italia ha la macchia di aver fatto la dance per cui vale un po’ meno delle altre».
Allo stato attuale delle cose, invece, su che cosa sei impegnato?
«A chiosa di tutta questa celebrazione degli anni ’80 sono appena uscito con un brano intitolato “Ho sempre odiato gli anni 80” realizzato insieme a Gionathan, un giovane cantautore di Torino. E’ una sintesi ironica di quanto ci siamo detti fino ad ora. Con una dj e una cantante di Torino, Greta Tedeschi ed Altrove, ho realizzato una cover di un brano del ’79 degli Extra, “Maria Maddalena“.
Ho inciso, poi, con un gruppo di Roma, i Milano84, una cover di “Summer on a solitary beach” di Franco Battiato. Un’idea questa da cui ero un po’ spaventato ma è stato molto bello cantare questo pezzo e di cui sono molto soddisfatto. Questa è stata una collaborazione di cui sono particolarmente orgoglioso e soddisfatto forse anche per quel timore reverenziale di confrontarmi con la produzione di Battiato che inizialmente si è fatto sentire».
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