Gerardina Trovato

Gerardina Trovato: «Bocelli era il mio “portaborse”, con Renato Zero siamo rimasti amici» – INTERVISTA

Gerardina Trovato, il racconto di una carriera straordinaria fatta da grandi incontri

È il 1993 quando sul palco del Teatro Ariston di Sanremo, con in braccio la sua chitarra e seduta su un cubo di legno, irrompe sulla scena musicale Gerardina Trovato. In quella sua prima uscita pubblica, presentata da Pippo Baudo e Lorella Cuccarini, canta “Ma non ho più la mia città”, canzone che dedica alla sua amata Catania che ha dovuto lasciare a vent’anni per inseguire i suoi sogni di artista. Dopo quella sua uscita seguono altri successi, nell’estate seguente è al Festivalbar con “Sognare Sognare“. Nel 1994 torna a Sanremo con “Non è un film“, canzone impegnata che parla della guerra in Bosnia, suggestivo il video girato al Oliviero Toscani, maestro della fotografia. Pubblica il secondo album che contiene, tra le altre, un duetto con Andrea Bocelli: “Vivere“.

Si prende un anno di pausa e nell’estate del 1996 spopola con la versione remix del brano “Piccoli già grandi”. Altra pausa e nel 2000 è ancora al Festival di Sanremo con una canzone che parla di un importante cambiamento che le fa ritrovare la strada, è l’anno di “Gechi e Vampiri“, brano scritto a quattro mani con Tom Sinatra. Dopo il primo ascolto alla prima sera, secondo il gradimento della giuria demoscopica, è prima in classifica.

La sua carriera da allora è fatta di ritorni e di lunghe pause. Ha partecipato alla seconda edizione di Music Farm condotta da Simona Ventura, è stata più volte ospite di Carlo Conti a “I migliori anni”. Oggi torna ad abbracciare il suo pubblico con un tour voluto fortemente dal giornalista e showman Sasa’ Taibi. Qui l’intervista in un’intensa chiacchierata a cuore aperto fatta prima della tappa a Marianopoli in provincia di Caltanissetta.

Ciao Gerardina, intanto bentornata, bello vedere che hai sempre un grande pubblico che ti aspetta, intanto ti chiedo: come stai?

«Ciao Antonino, grazie, anche per me è bello tornare a fare l’unica cosa che so fare: fare musica… Sto bene!».

In genere chiedo agli artisti che intervisto per la prima volta qual è il primo ricordo che hanno con la musica. Quand’è stato il momento in cui hai deciso di voler fare la cantante?

«A tre anni ho fatto lo Zecchino d’Oro, a venti ho fatto Castrocaro, poi mi sono trasferita a Roma e a ventisei ho fatto Sanremo, regolare! Le ho fatte tutte! (accenna ad un sorriso, nda). Quando mi sono trasferita a Roma ho cominciato a fare sul serio, ho cominciato a scrivere in maniera completa. Tutto il primo album che conoscete io l’ho scritto a Roma a casa mia. Quando l’ho scritto ho pensato ‘ecco, ora sono pronta’. Ho cominciato il giro delle multinazionali dove tutti mi volevano: io ero sempre scettica, mi prendevo del tempo. Chi mi proponeva di uscire con un brano, chi mi proponeva di presentare a Sanremo un altro brano… fino a quando sono arrivata da Caterina (Caselli, nda)».

Quindi arriva l’incontro con la Caselli…

«Mi ha chiamato la sua segretaria dicendomi ‘preferisce l’aereo o il pendolino?’. Io ho preferito il pendolino: a quel tempo avevo paura degli aerei e quindi andai in treno a Milano. Sono arrivata lì, c’era l’autista della signora, mi ha portato nella sede della Sugar. Ho messo dentro la testa, ho visto subito quel sorriso meraviglioso di Caterina che era all’epoca l’unica donna a gestire una casa discografica. Le multinazionali all’epoca erano piene di uomini che dal mio punto di vista si avvicinavano anche troppo, io mi tiravo sempre indietro.

È stato bellissimo perché io ero molto emozionata, lei tranquilla, cercava di mettermi a mio agio e, ti racconto questa cosa divertente, aveva un frigo bar accanto pieno di Bellini e mi fa: ‘vuoi un Bellini?’ e le dico ‘no, io non bevo!’. Me lo ricordo, ero una ragazzina, dopo dieci minuti, te la faccio breve, quando mi sono bevuta tutto il frigo bar, non c’era più un Bellini. Mi sono seduta per terra, ti giuro, lei di colpo si è alzata per capire dove fossi finita, ho preso la chitarra e ho attaccato. Appena ho finito “Ma non ho più la mia città”, Caterina ha alzato il telefono per chiamare tutti i dirigenti della casa discografica. Ha detto ‘lasciate gli uffici, vi voglio tutti qui!’.

Con tutta la Sugar lì mi ha chiesto di ricominciare, ho fatto tutto l’album, si è rivolta alla Gibelli, la sua commercialista, e le ha chiesto di predisporre il contratto che fu entro un quarto d’ora sul tavolo».

Quindi il treno di cui parli in “Ma non ho più la mia città”, non è il treno che ti ha portato a Milano, perché la canzone l’avevi già scritta.

«No, perché la canzone era già scritta, quello è il treno che presi da Catania per andare a Roma per inseguire il mio sogno. Poi la casa discografica ha fatto il suo, con Caterina ho fatto tutto io, sono sempre stata come “mammete t’ha fatto”».

Nella tua carriera ci sono importanti collaborazioni, si dice tu abbia in qualche modo scoperto Bocelli con quale hai inciso “Vivere”. Bellissimo il tuo duetto con Renato Zero in “E già”.

«Sono due storie diverse. Andrea faceva il supporter nei miei teatri. Nel 1994 lui era tra le voci nuove a Sanremo, io tra i big. Ho cominciato la mia tournée teatrale e lui era il mio supporter, me lo sono portato con la manina, facendo risparmiare a Caterina pure l’assistente, perché ovviamente ci mettevano nelle camere comunicanti. Di notte se doveva andare in bagno chiamava me. Però devo dire che nell’altra mano, quando andavamo in giro, gli mettevo tutti i miei bagagli, questo lo devo dire. Io lo portavo in giro ma lui ricambiava portando in giro inconsapevolmente tutti i miei bagagli! Pensa, per il peso camminava sbilenco, pendeva tutto d’un lato!

Con Andrea i rapporti col tempo si sono incrinati, adesso non vuole più neanche parlarmi al telefono, ci sono rimasta molto male. Con Renato, invece, siamo rimasti molto uniti. Ogni volta che sono a Roma, vado sempre a casa sua.

Andrea in “Vivere” fa solo l’interprete. “Vivere” ce lo siamo inventati in sala d’incisione: il brano non nasce come duetto, il produttore ha pensato di mettere una voce e la scelta è caduta su Andrea, così è nato il duetto. Poi, dopo aver venduto 55 milioni di dischi in tutto il mondo, ed essere diventato un’icona, ha pensato bene di non rispondermi più al telefono.

Ovviamente a Hollywood ha cantato “Vivere”, portando con sé la Pausini. Laura dopo l’esibizione è tornata in albergo, mentre lui ha messo la mano nel cemento dei vivi. Sono molto legata a Enrica Cenzatti, la prima moglie di Andrea. Viaggiava in seconda classe in treno, se lo portava in giro, lo imboccava con l’uovo sodo, non hai idea dei sacrifici che ha fatto questa donna».

Com’è stato l’incontro con Renato Zero? Com’è nata “E già”? Ricordo di tuoi racconti in sala d’incisione dove racconti della presenza di Loredana Bertè.

«Intanto è stato bellissimo, perché quel brano lo abbiamo scritto insieme. Eravamo a casa di Renato per incidere il brano, eravamo giù e improvvisamente, in mezzo a tutti uomini, c’erano i mie musicisti, scende Loredana (Bertè, nda). Scese, diciamo, vestita solo con un babydoll trasparente. Tu ti puoi immaginare: a chi è cascato il basso dalle mani, non ti dico. Si è seduta sulle scale in maniera disinvolta non lasciando nulla all’immaginazione e fa ‘A Rena’, che famo? Usciamo?’. Lei è così, lei è vera, però tu ti puoi immaginare con tutti uomini lì cosa sia successo. Non si suonava più, si sentiva un bang ma era la chitarra che sbatteva o un basso che cadeva per terra. Renato l’ha fatta tornare in camera da letto, lei voleva uscire… alla fine è tornata su in camera e noi abbiamo continuato a lavorare».

Sei una cantautrice straordinaria, ma negli anni hai anche inciso canzoni di altri, molto interessante la tua versione di “Intanto che i miei pensieri sono tutti lì” di Pierangelo Bertoli.

«È stato bellissimo incidere quel brano, l’ho sentito subito mio. Anche Vasco mi ha detto che ha molto apprezzato la mia versione di “C’è chi dice no” che io ho inciso così per scherzo e Vasco mi ha detto che mai nessuno l’aveva cantata in quel modo. Per me è stato un complimento enorme, lui forse è il più grande in Italia».

Questo nuovo ritorno di Gerardina ha avuto un grande riscontro tra il pubblico social. Il suo account è andato in tendenza, i suoi brani più famosi sono tornati in classifica, su iTunes è entrata al quinto posto con Sognare Sognare, è nona con Gechi e Vampiri. Anche Caterina Caselli stamattina ha invitato i suoi followers ad ascoltare “Ma non ho più la mia città”, dicendole: «Ascoltiamo insieme una fra le tue più belle canzoni.» Gerardina ha una forza comunicativa unica anche quando appare in difficoltà, speriamo questo interesse nei suoi confronti sia lo slancio per un ritorno sulla scena musicale.

Antonino Muscaglione, nasce a Palermo nel 1976. Da sempre appassionato di disegno, attento a dettagli, per altri, non rilevanti. "Less is more", avrebbe scoperto in seguito, diceva Mies Van Der Rohe. Consegue la Laurea in Architettura nella Facoltà d'Architettura della sua città. Vive in Lombardia, si divide fra progettazione architettonica e insegnamento. Denominatore comune delle sue attività è la musica, da sempre presente nella sua vita. Non può progettare senza ascoltare musica; non può insegnare senza usare la musica come strumento di aggregazione.