Fudasca, Tredici Pietro, Mecna e Fudasca - Immagina

Fudasca, Tredici Pietro, Francesca Michielin, Mecna – “Immagina”, la nostalgia del ricordo e il “se” del futuro

Quando un amore finisce, immagina di raccontarlo alla luna

“Immagina” un nuovo singolo a quattro voci e otto mani ad unire le esperienze pop, urban, rap, trap, hip hop e contemporary R&B di Fudasca, giovane produttore e compositore romano, classe 1996, del rapper bolognese Tredici Pietro (pseudonimo di Pietro Morandi), classe 1997, di Francesca Michielin, cantautrice e polistrumentista di Bassano del Grappa, classe 1995, e del rapper, cantautore e grafico foggiano Mecna (pseudonimo di Corrado Grilli), classe 1987.

Prodotto e distribuito da Epic/Sony Music, il pezzo si distingue per le sonorità lo-fi e racconta di un nostalgico amore, fatto di emozioni e vizi, di contrasti viscerali e paradossi che si trasformano in un mastodontico “non lo so”, a relazione finita (“Uoh, oh, oh Piangere, ridere, bere, fumare (Uoh, uoh) Morire, rinascere, cose da fare con te (Uoh, uoh, uoh, uoh) Non lo so (Oh)”).

Cosa non si sa dell’altra persona, quando siamo innamorati? Certamente, la sua capacità di condizionamento nelle piccole scelte quotidiane; tanto grande è il mistero di chi abbiamo accanto che potremmo arrivare a pensare ma “Tu chi sei”? (“Se uno come me ti distrae da tutte le cose Che devi capire, rifare, distruggere, io non lo so, eh Tu chi sei”).

Proprio della stessa persona che ci ha messo a nudo, ma che ci ha fatto imparare perfino il dolore della delusione e del tradimento, capitato magari senza un perché. Basterebbe, a questo punto, il suo pentimento o la mancanza di motivi concreti per andare avanti? (“Mi hai spogliato Mi hai detto che io sono un ratto (Sei un ratto) Perdonami se ti ho tradito (Scusami) Non so nemmeno cosa ho fatto (Ti giuro)”).

Resta il sogno come conforto dall’amara realtà (“Ed ho sognato Noi due lontani per un attimo”); quella dimensione in cui la libera immaginazione fa fare un salto fino alla luna per riflettere sul senso di una storia che, alla fine, ha tolto qualcosa a tutti e due (“Immagina di arrivare alla luna in un salto Così in alto, più in alto che c’è Non è amore se entrambi abbiam perso Io ho perso tempo e tu hai perso me”).

Per paura del giudizio e per auto-protezione, si decide di nascondere quell’errore che la saggia luna suggerisce di confessare per un confronto con la persona amata, anche se si ha solo il desiderio di fuggire (“Ti ho tenuto nascosto un segreto grandissimo Cose bruttissime che non dirò Non a te (Okay) E sono, e sono fuori di notte, la luna mi parla (Uoh, okay) Mi dice la strada nel buio, ma io non ho voglia (Io non ho voglia) Non di te (No)”).

Il dubbio è amletico: scappare o augurarsi una nuova dimensione affettiva che sa di casa? Casa è quel posto in cui lasciarsi andare completamente, senza paura di cadere. Casa significa avere la possibilità di perdersi ancora nell’intimità di chi amiamo (“Ho voglia di scappare (Scappo) E di trovare casa (Dove) Dove non c’è una casa (Ah) Tipo tra le tue gambe lunghissime (Oh, cazzo) Cado, precipito giù (Giù)”) e godere del suo corpo che si fa metafora del tempo: come una clessidra passa attraverso ricordi preziosi e promesse infrante e tra paure concrete, prova ad accogliere il desiderio di un’ulteriore concessione, magari di un ultimo sbaglio (“Il tuo corpo è come una clessidra Sono sabbia invisibile agli occhi Un granello nel mare, una doccia gelata Nel bagno dei nostri ricordi Un gioiello costoso che luccica La tua mano indiscreta nei miei double knee pant Qualcosa mi dice Che ci innamoriamo di quello che uccide E lo giuro che io non ho pianto Perfetti per l’una, imperfetti per l’altro Concedimi l’ultimo sbaglio”).

In che modo si può esaudire questa richiesta, se l’amore è finito e il tentativo di cambiare le cose è già stata fatto? (“L’amore è finito, comincia l’inganno Ci siamo lasciati cadere nel vuoto, ma, come nell’odio, il problema è poi come atterriamo Ci abbiamo provato a cambiare le cose, ma il mondo non è diventato quel posto migliore che immaginavamo”).

Il cambiamento personale non ha apportato alcuna trasformazione nel mondo fuori e non ha dato significato al tempo che percepisce inutile. Se relativo è il tempo avuto a disposizione, al pari di quello dell’attesa di chi ha deciso di andarsene, l’unica immaginazione possibile resta quella del suo possibile ritorno in un tempo futuro, dove l’ipotetico “se” resta la condizione principale (“Ho perso tempo e non so più che farmene Di quello che mi resta Ho aspettato te ne andassi per Aspettarti alla finestra E ora tu, tu, uh Tornerai Tu, tu, tu Se tornerai”).

Appassionato della parola in tutte le sue forme; prediligo, in particolar modo, la poesia a schema metrico libero. Strizzo l'occhio all'ironico, all'onirico e al bizzarro. Insieme alla musica sia la parola. Dopo la musica, il silenzio; dal "vuoto sonoro", il nuovo concerto.