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Recensione del nuovo album d’inediti della cantautrice
Un lavoro discografico va determinato nei confini musicali, cioè nel genere che tesse le canzoni e conferisce un’identità a tutto il lavoro. Dare ordine alla creatività è ricerca di senso e di significato, nonostante si tratti di un’azione non sempre semplice e immediata, come nel caso di “Flash”, l’ultimo album di Ditonellapiaga, pubblicato il 10 maggio scorso.
La prima sensazione è quella dell’istantanea fotografica: come guardare undici scatti in musica, dove centrale non è la vista panoramica di un paesaggio né il dettaglio materico di un oggetto esterno, ma la pluralità insita nella persona narrante. All’orecchio in ascolto si fa subito evidente la costante di una seconda voce femminile o di un coro, presenti in diverse tracce con l’intento preciso di dare sostanza alla molteplicità delle voci interiori che spesso orientano i comportamenti o, semplicemente, parlano dentro di noi, permettendo l’accesso alle zone più nascoste del nostro cuore, a quella parte emotiva che interviene quando bisogna prendere decisioni.
Il singolo estivo |
Nel singolo estivo “Latitante”, in rotazione radiofonica dal 5 luglio, è tempo di un amore illegale da consumarsi in latitanza tra vizi e giri ‘sporchi’ (“Da latitante, tequila e contante È la vita che vorrei (…) Vivo la vida latitan-tan-tan-tan-te Tequila e contan-tan-tan-tan-tante Vida, vida Non mi manca niente, fammi vivere La vida latitan-tan-tan-tan-te Tequila e contan-tan-tan-tan-tante Vida, vida Non mi basta e non mi passa mai”). Il desiderio di questa relazione all’eccesso è consapevole, ma soprattutto impellente (“Okay, okay, okay baby, occhiali neri Veloci come levrieri nei bicchieri Versiamo vino bianco, frutti rossi, cocco e mango Tabacco di contrabbando E tanti auguri-guri, signori-ori Balliamo senza stop un boogie-woogie La latitanza, una fuga e una danza La vita che vorrei”), mentre l’impronta musicale gitana richiama la cifra stilistica di Rosalia.
“Flash” dà l’impressione di un ring a fine combattimento, dove a sfidarsi sono l’io contro sé stessə, cioè i diversi “frammenti” di un’unica persona. Ditonellapiaga sperimenta la complessità di questo scontro interiore attraverso sonorità multiple, variegate e contrapposte, esattamente come le parti che la abitano in petto.
Lo afferma la stessa artista che nell’album “c’è più rock rispetto al lavoro precedente, che puntava più sull’R&B. Parte del racconto è quello di una me più adolescenziale e parte di una me più cinica e disillusa”, dove l’assenza di verità diventa una sottile ossessione. A noi, non rimane altro che ballare sopra lo squilibrio tra ciò che percepiamo di noi come persone e ciò che siamo per la società.
Le altre tracce dell’album |
Così, l'”io” di “Me se stesso ( Ti dirò)” si dimena a fare i conti con il “noi” visto da fuori (“Sopra le aspettative personali e quelle introiettate dagli altri fuori di me Gli altri dentro di me Gli altri fuori”), mentre quello di “Fossi come te” (“Io che non ho righe da rompere Non cerco porte da sbattere contro di te Io che non ho, mhm-mhm-mhm, treni da prendere E sto imparando che camminare è semplice con te”) finisce col riconoscere il bello dell’altra persona, trovando quello che manca a se stessə (“Fossi come te saprei dare il meglio Fossi come te ti chiederei un ballo E prendimi, stringimi (eh-eh-eh-eh, eh-eh-eh-eh). Fossi come te ti direi che è bello Togliere le reti prima di ogni salto E smettere di credere che non esiste un lieto fine”).
Lo imparerà anche la sedicenne “Mary”, libera e senza limite (“Mary ha sedici anni, è timida Sogni nel cassetto e vanità Non aveva mai fatto l’amore”) nei suoi desideri che la portano a sperimentare e crescere velocemente (“È un missile dolcissimo, lui Col suo rossetto lucido Lei, no, no, non aveva mai detto, “Ti amo”E l’ha fatto in un attimoChe brivido”).
“Pazza di te” dichiara, invece, i sentimenti a un amore classico e di scuse dal profondo del cuore per non aver dato il massimo, mascherando i veri sentimenti con i baci di Giuda (“Quel che ho detto e ho fatto è pessimo Ma ti giuro che (io ti giuro che)Dal profondo del cuore Io ti chiedo scusa Se non ti ho dato il massimo che c’è Per ogni bacio di Giuda Ti meritavi il massimo perché Qui sotto un chiaro di luna Petali e piume volano e tutto passa e va Ma tu rimani un classico E sono pazza di te”).
Dopo un grande amore, niente sarà più “Come prima”, nemmeno se lo si canta in featuring con Fulminacci (“Non è più Non è più come prima”); nonostante il passare del tempo e un vento nuovo soffi all’orizzonte, ogni data importante è un ricordo che si rinnova nell’assenza (“Sussurra nel pineto un vento nuovo e da lassù soffi un po’ anche tu una candela in meno oggi è il tuo compleanno e mi ricordo ogni giorno in più da quando ho capito che non ritornerai e il sorriso di anni fa, no”).
“Tu con me hai chiuso” racconta di un amore alla resa dei conti, quando perfino i ricordi più romantici si trasformano in una scena del crimine e ciò che rimane sono le lacrime senza altre risposte (“Tu con me hai chiuso E voglio dirtelo in faccia, io e te Baby, lo giuro, oh Siamo una fine perfetta insieme E che cosa resta della promessa della prima volta? La sbronza, la Vespa Baby, io ho chiuso, oh Perché la risposta è sempre la stessa (…) Ogni volta è una scena del crimine Ogni volta una lotta tra me contro te e non lo so Se i tuoi occhi mi mentono Lacrime sparse sul pavimento anche stavolta Come una volta, come una volta”).
Stesse dinamiche, di perdita di senso al capolinea di un amore in “DNA”, dove l’unica cosa che resta certa è la trasparenza dell’altra persona (“Un CD, un DVD Poi ci resta poco o nulla da dire Poco o nulla da fare qui Alla fine di un film Giovedì, venerdì una festa Non volevo venire e domani non ti richiamerò Ma tu prendi la rincorsa, miri al centro Più su, qui nel petto Oltre l’argine, sì Tu, fino in fondo ad ogni costo Più giù, fino all’osso Mi sorprenderai Ma non mi dire che tu Vero come il DNA Tu chiaro come il sole Con uno sguardo più sincero Dici di amarmi per davvero, solo tu Vero come il sole Yeah, yeah, yeah”).
Chiudono “Una”, in featuring con Gaia, un pezzo da lounge bar con sonorità studiate più per l’effetto e spogliate di ogni affetto testuale, e “Non resisto”, in featuring con Whitemary, una ricerca nell’elettro pop, caratterizzato da suoni sintetici e uno scratch ragguardevole per cantare gli effetti dell’attrazione irresistibile (“Tu mi fai così bene, sì Tu mi stai così bene qui addosso Tutto intorno dentro ai miei pensieri più bui Tu, pazza novità Io ormai mi sento da Dio Sarai il diavolo Tu come un tarlo nella testa Toc-toc, chi sarà? Tu, pazza mania (pazza mania, pazza mania) Solo tu, costantemente tu”).
A dirla tutta, “Flash” è un lavoro da ascoltare e riascoltare per scoprire di quante facce siamo fatti quando proviamo a fotografare il nostro cuore in amore.
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