‘L’eterno è solo un attimo‘ è il nuovo brano di Androgynus
‘Inseparabili‘ è il titolo che anticipa ‘L’eterno è solo un attimo‘, il nuovo album di Androgynus, un artista eclettico che dà, nel suo modo di fare arte, lo stesso peso a musica, parole e immagine. Un insieme che crea una suggestione profonda per evocare e veicolare significati spirituali. Grazie alla sua arte Gabriele Bernabò, vero nome di Androgynus, ha calcato palchi prestigiosi: nel 2023 ha aperto i concerti di Lucio Corsi (tra i big del prossimo Festival di Sanremo) all’Alcatraz di Milano e all’Arena di Verona.
Il suo primo album del 2022 è stato definito come la sintesi ideale fra Lucio Battisti e Franco Battiato. L’album ‘L’Eterno è solo un Attimo‘, per i temi trattati e per la complessità espressiva, è stato realizzato con il sostegno del Ministero della Cultura e della SIAE nell’ambito del progetto ‘Per chi crea‘. Lo sento al telefono per farmi raccontare com’è nato questo suo nuovo progetto discografico.
Ciao Gabriele, come stai? Ti chiedo subito: da dove nasce l’esigenza di pubblicare ‘L’eterno è solo un attimo’? Cosa vuoi esprimere con questo titolo?
«Si tratta di un progetto partito molto tempo fa, contiene sia canzoni molte vecchie che recentissime. È una raccolta di momenti di vita. Lo abbiamo realizzato con tutto il mio gruppo e con il produttore Manuele Fusaroli. Ciascuno di noi ha espresso la sua storia e la sua sensibilità in questo lavoro. Non c’è una canzone preferita, devo ammettere che mi piacciono molto tutte, ognuna ha un suo peso specifico ed è essenziale ai fini del disco come intero.
Quando scriviamo un brano generalmente partiamo dalle mie idee, c’è il gruppo col quale facciamo una serie di lavorazioni e poi arriviamo al dunque dopo diverse sessioni di lavoro. Tutti i componenti del gruppo sono fondamentali, io sono un polistrumentista e mi occupo anche della parte visuale del progetto, sono in qualche modo il coordinatore che segue il lavoro dall’inizio alla fine, affidandolo di volta in volta al gusto dei miei collaboratori, sia nella musica che nell’immagine».
Qual è, se è possibile individuarla, la poetica di questo tuo nuovo album?
«È un invito a vivere con intensità questo preciso istante, il passato è già finito ed il futuro non esiste ancora: l’idea è quella di riuscire a vivere con intensità il presente, in questo modo si può sentire una tale forza, una tale bellezza, un tale significato, che non è più necessario tentare di spiegare cos’è “L’Eterno”».
Da cosa nasce il nome Androgynus?
«Lo pseudonimo Androgynus parte dall’idea del duo, all’inizio eravamo un artista visuale e un musicista, maschio e femmina, ci piaceva a entrambi la spiritualità e la simbologia dietro al nome. Il nome viene dal mito di Platone che immagina un’unica figura umana che racchiude entrambi i generi opposti. Maschi e femmine hanno degli istinti legati al proprio essere uomini o donne, anche se può accadere che una donna abbia degli atteggiamenti maschili, e viceversa. Questi caratteri, che possono essere la forza e la freddezza maschile e l’intuito e la ricettività femminile li abbiamo tutti in realtà, bisogna lasciarli esprimere appieno per vivere una vita completa».
Come chiedo a tutti gli artisti che intervisto per la prima volta: qual è il momento che ricordi da piccolo in cui hai deciso che avresti fatto musica nella vita?
«Io ho iniziato suonando il violino, mio padre è un liutaio, costruisce violini, suono il violino da vent’anni ormai, durante l’adolescenza l’ho rigettato perché vivevo come una costrizione l’idea scolastica della musica classica. Nonostante ciò ho continuato a studiare musica classica e mi sono laureato al Conservatorio Santa Cecilia di Roma convinto che ciò potesse comunque darmi una visione completa e profonda della musica. Diciamo che fin da piccolo il ruolo di musicista mi è stato un po’ cucito addosso. Sappiamo tutti quanto può essere spinto e incoraggiato un bambino piccolo in una determinata disciplina, ma è una cosa che amo e amavo anche io. Non ne potrei mai fare a meno».
Com’è nata l’idea di partecipare al bando del Ministero della cultura?
«Non sapevo nulla, è stata una sorpresa da parte di MArte Label, la mia etichetta. Sapevo che avremmo partecipato a Lazio sound, concorso che poi non abbiamo vinto. Il materiale da inviare era pronto, quindi, a mia insaputa hanno inoltrato il nostro lavoro discografico anche al MiC. Quando mi hanno contattato per dirmi che avevamo vinto il progetto nell’ambito ‘Per chi crea’, messo in piedi assieme alla SIAE, è stata un’emozione pazzesca. Non solo per la vincita pecuniaria in sé, quanto per il riconoscimento che ci fa capire che stiamo prendendo la giusta direzione».
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